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sabato 23 maggio 2015

Ode al mare- Maurizio Donte

 
 
 
 
 
-Ode al mare-
 
(Maurizio Donte, ogni diritto riservato)

Sull'infinito azzurro
muove nel vento un fremito
che piano in un sussurro...
sfiora un ricordo fragile
che estingue la speranza
in quella lenta danza

del mar che sale a riva,
si frange e suona debole
e sembra cosa viva.
Scivola l'acqua morbida,
profuma di salino,
pensando a te rovino

questo silenzio quieto.
Fugge lo sguardo, rapido,
da quel ricordo inquieto,
fugge, ma torna carico
di un retrogusto amaro,
io nulla ho di più chiaro

del perdersi del giorno,
e mentre le ore muovono
svelte, correndo intorno,
in quest'istante muoiono
le dolci tue sembianze;
da queste sole stanze

che affacciano sul mare
seguo il vagar di nuvole
alte nel cielo e chiare,
che sulla terra stendono
l'ombre d'una tempesta
a rovinar la festa

di un dì quasi sereno;
e m'invitano a perdere
di vista quel che è ameno.
Nasce nascosto un palpito,
scintilla nel mio petto
e spegnere l'affetto

che serbo dentro il cuore;
credevo fosse un nettare
d'ambrosia ed era amore,
ma si rivelò fragile
come se fosse un vetro
e guardando ora indietro

vedo chiara l'illusione
che si dissolve liquida,
privando di ragione
il mio pensier che termina
laggiù sull'orizzonte
che di ricordi è fonte.

Nasce lontano un tuono,
corre sul mare un brivido
e si rifrange il suono,
mentre le nubi salpano
come se oscure navi
corressero in alto e gravi

rendessero pensieri
ch'erano soavi. Folgora
in ciel la luce d'ieri,
e dentro l'aria illumina
momenti della vita
che sfuggon dalle dita.

Nulla di allora sento
che fosse così semplice
e corre via nel vento
ogni ricordo splendido,
che non conduce al porto
e di me fa solo un morto

che crede d'esser vivo.
Tutto conduce a perdere,
ogni residuo abbrivo,
tristi momenti sciupano
anche un ricordo buono
che lasci in abbandono

e non si salva nulla,
anche uno sguardo rapido
gettato sulla culla
altro non ha di tenero
che solo quegli istanti,
e sono solo i santi

a capirne il motivo
vero; e intanto muoiono
i giorni e non arrivo
a veder chiaro il vortice
che al nulla mi trascina
e all'eterna rovina.

Altro il mio cuor non sente
che il battere dell'anima,
là dove nella mente
risposte non si trovano:
chiuse sono le porte,
mute, all'umana sorte:

s'appressa il giorno amaro
e scema nello spirito
anche il coraggio raro,
di quella luce indomita,
dormiente dentro il cuore,
che noi chiamiamo amore.

Ma s'alza allora un canto
che infrange quelle tenebre,
e illumina d'incanto
anche l'estremo talamo,
là dove si riversa
ogni idea perversa.

La luce nasce, erompe:
risorge nell'empireo,
dissolve, riapre e rompe
splende nel manto niveo
s'accende ed arde santa
e tutto intorno incanta.

Viene e nel ciel scintilla
alta e radiosa libera
ogni residua stilla
e scioglie dalla cenere
di quel funesto duolo
che ci ancorava al suolo:

Mai più giacerà l'uomo,
sepolto nella polvere,
ogni dolore è domo,
e alto nell'aria limpida
brilla sul nostro inverno
la luce dell'Eterno.

3 commenti:

  1. ...la tua creatività compositiva,carissimo Maurizio,non ha confini.
    Bellissimi questi versi e questo schema di sestine settenari in cui i secondi ed i quarti versi chiudono con le sdrucciole.

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  2. Caro Orazio, nulla di nuovo sotto il sole. Questo schema ricalca esattamente l'ode foscoliana " A Luigia Pallavicini, caduta da cavallo"

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