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domenica 8 dicembre 2013

di..versi liberi ( 1982/2001)


"Maschere" 1968" di Milvia Di Michele



raccolta "  QUADRI" (1982-2001), in versi liberi...
non rinnego le poesie che contiene, anzi sono il mio humus!

QUADRI

Tutta la mia vita passerò
davanti ad una sola tela
perché non mi basterà il tempo
per fissare una sola forma,
né mi contenterò mai
di catturare solo il suo aspetto,
ma volendo rubarle l’anima,
tutta la mia vita passerò
davanti ad una sola tela.

 

QUESTA VOGLIIA DI DIRE

Ancora mi lacera l’anima,
questa voglia di dire.
Poter partorire in eterno!
Solo così saprei di esistere,
perché la morte ci prende tutti,
lentamente, ogni giorno.
Il tempo, si sta consumando:
quanto mi rimane?



 
MACCHIE


Macchie di colore sul bianco della tela:
messaggi visivi alla mente e al cuore.
Nel colore il caldo e il freddo.
Nel colore i rumori,
le musicalità nascoste nell’aria,
perchè tutto ha una voce e tutto si ascolta
e, nell’ascolto, muore.
Nel colore la realtà, quella vera,
quella che vive racchiusa dentro noi
e si proietta poi fuori
 quasi come un’eco.
Nella mia tela di oggi metterei solo questo:
colori e segni misteriosi ….
Il Caos, l’inizio delle possibilità.
Perché io mi sento ancora
Come al principio delle cose.



La ragnatela

Se avessi tempo dipingerei una ragnatela,
una grande ragnatela bianca
che riga un cielo colorato di lilla
e sprazzi di leggerezze e di luci.

Se avessi uno spazio, dove poter dipingere,
metterei una preda su quella ragnatela:
una sagoma nera di donna
con lunghi capelli e corpo nudo legato.

Se avessi ancora un po’ di rabbia,
dipingerei tutti coloro che hanno tessuto la tela:
tutti di spalle,
tutti a guardare la preda.

Io … donna.
Dov’è il mio tempo?  Il mio spazio?
Dove la mia rabbia?



LE STAGIONI
 
Quattro tele per dipingere le stagioni.

La prima per l’Inverno:
il suo biancore,
il nero dei tronchi degli alberi,
la morbidezza della neve
luccicante sulle loro chiome
e poi sui tetti e sulla terra.
La purezza dello sguardo di un fanciullo.
La pace di un vecchio stanco
Che riposa su una panchina.
La speranza covata
Sotto il gelo della morte.

La seconda per la Primavera:
la vita che ritorna,
il verde delle gemme,
quello più scuro dell’erba.
Foglie e fiori dovunque.
Trionfo dei colori.
E i gialli, i turchesi, i rossi e i bianchi,
si mischiano insieme nei prati.
Qualche nuvola bianca.
Lontano le trasparenze
di un ruscello che canta.
Nel cielo,gli uccelli
ritornano a frotte.

La terza per l’Estate:
L’oro dell’afa,
l’argento del mare,
il bianco delle onde
contro le scure scogliere.
Caldo marrone nei corpi abbronzati,
file allegre di ombrelloni
Linee morbide e stanche.
Il giallo luminoso del sole
Che, rischiarando,
tutto veste e riscalda.

La quarta per l’Autunno:
Il calore che diventa colore.
E i castani bruciati vicino ai verdi
e ai rossi , e ai gialli.
La malinconia delle foglie secche
che cadono e si stringono
accartocciate per terra,
dei bei tramonti lilla,
delle prime gocce di pioggia
e della vita che, di nuovo,
lentamente, se ne va.




ORIGINI

Quante volte, ho desiderato tornare!
E tutto era come un sogno.
Piccoli particolari nella nebbia:
il grembiulino che riempivo di fiori bianchi,
il pelo morbido del mio cane,
l’odore della stalla,
il grande caminetto acceso
e, intorno, cari volti
illuminati dalla fiamma.

Una grande famiglia
e ogni lavoro era come fosse festa.

Ma qui, sento solo il silenzio.
Questa vecchia casa è tutta screpolata,
sta ridiventando pietra e sabbia e terra.
E l’erba cresce tra le fessure
E  sulle tegole del tetto.

Il mio pino però
è diventato ancora più grande,
ha steso intorno le sue lunghe braccia
e il suo buon profumo
mi porta un po’ della mia infanzia.



LA PAURA

E dare un volto alla paura,
averla tutta nelle mie mani
e incollarla, a forza, sulla tela:
prima la bocca enorme e nera,
come una terribile voragine,
poi gli occhi, gelidi occhi grigi
che mi fissano, che vogliono bloccarmi.
Grandi squarci di colore sulla pelle,
rughe profonde e scure,
rossi capelli incolti….
ma la paura non è
una maschera di Carnevale!
Forse è fatta più di vuoti e mancanze,
è camminare su un filo sottile,
diventare lentamente trasparenti.
Paura è guardarsi giovani allo specchio
E vedersi riflessi già vecchi
E, pensando alla morte, scoprire
Che ancora non si è nati del tutto.
Paura è non ritrovarsi.
Negarsi.




MIA MADRE

Oggi voglio dipingere te, madre.
Ora che sono madre anch’io
e, forse, ho finalmente capito.
Il cordone non sanguina più:
sono io, adesso, a partorirti.
Sulla tela l’ovale del tuo volto.
Le tue rughe, il tuo sguardo,
i tuoi capelli grigi,
sono la tua storia,
ed io già la conosco
e mi pare di scriverla ogni giorno.
Come mi somigli madre!
Nel tuo viso, i miei lineamenti:
come sarò, o  sono già stata.
Il corso del tempo si confonde
e sei insieme, la mia creatura
e la mia origine.
Per rappresentarti lascio da parte i colori:
solo segni, quasi per leggerti
come leggono le zingare la mano.
E, nel disegnarti, il carboncino si trasforma,
diventa dolce, non calca,
ma sfuma e vela,
e diventa una lunga carezza
che, finalmente, riesco a farti.

CERCHI

Cerchi che, al tramonto, si chiudono
e si riaprono, di nuovo, domani.
Tutto ricomincia e tutto torna.
Archi, strappati all’eternità, sono le nostre vite
e così, nascendo, ogni volta vinciamo la morte.

Noi, gocce di mare con dentro l’universo,
camminiamo con passi brevi,
ma il percorso delle nostre strade
va costruendo un grande disegno
che, pian piano, ogni giorno, inventiamo




SENZA MOLTO VIAGGIARE


Senza molto viaggiare,
ho solcato notturni cieli scuri
e cavalcato mille bianche nuvole,
ho attraversato deserti infiniti
e immense, verdissime vallate.

Senza molto viaggiare,
sono andata indietro nel tempo,
alla ricerca di antiche radici
e poi, volendo afferrare il futuro,
stringo ,ora, solo aria tra le mani.

Senza molto viaggiare,
ho camminato su una lunga scia di luce
riflessa su vasti mari disperati
che cercavano di salire fino al cielo.
Ma l’orizzonte era sempre lontano.



QUALCHE MILLENNIO AVANTI

Qualche millennio avanti,
questo sole che adoro,
appena un po’ più vecchio,
riempirà di luce un’armonia di vita.

Immagini fugaci nella mente:
terre deserte e città devastate,
fiori appassiti e calpestati,
cielo nero e silenzio spettrale.

Via! Via!.. Andate via, lontano!
Io invidio voi che nascerete
a  raccogliere, qualche millennio avanti,
qualcosa che anch’io vi avrò dato.

Noi, vostro seme e voi, le nostre piante!
Non importa se saremo stati al buio,
se il freddo ci avrà gelato il cuore:
Primavera verrà .. qualche millennio avanti.


Davanti a un quadro immaginario

E m’incanto a guardarlo
questo quadro pieno di ombre e di luci,
di azzurro intenso e di nero e di giallo.
E mi parlano chiome verdi di alberi,
profili misteriosi e sagome scure,
bolle bianche che vanno a velare
un paesaggio tra sogno e realtà.
Ma la bellezza non è dentro la tela
e non finisce ai bordi della cornice,
come belle non sono le parole
di una dolce poesia d’amore
o le note tristi e nostalgiche
di una antica canzone zigana.
Bello non è il volto caro
dell’amante al suo amore segreto.
La bellezza è tutta qui,
nella vita che ci scorre dentro le vene.
E siamo tutti pittori e poeti,
musicisti e amanti,
se, in tanti, c'incantiamo a guardare
questo quadro pieno d'ombre e di luci.


Dalle finestre aperte

Dalle finestre aperte dei nostri sensi
affacciati, guardiamo l’universo.
Figura piana ai nostri occhi,
liscia come uno specchio,
che pure mostra profondità
e immagini tridimensionali,
ognuna all’altra limite
e i confini si perdono lontano.
La realtà m'appare una soltanto
ed entra nella mia mente colorandosi
di me, dei tanti sogni e sentimenti
Ma quante sconosciute dimensioni!
Sponde imprevedibili e distanti
m'appaiono, talvolta, un po’ velate,
allora, per non perdermi, negandole,
stacco i miei occhi a forza dallo specchio,
senza più il coraggio di guardare,
accontentandomi ora di toccarlo,
e del suo freddo impresso alla mia mano.
 
 
La finestra

Una finestra chiusa.
Le velature bianche sopra i vetri,
il legno nero, a tratti illuminato...
donna di spalle, a guardare fuori
cose che s'intravedono:
le ombre degli alberi e il cielo leggero.
Morbide vesti bianche trasparenti,
lunghi capelli neri, un po’ selvaggi,
e una mano appoggiata alla finestra,
quasi a poter scrutare,
ciò che, soltanto lei, saprà vedere.
Maschere

Maschere di Carnevale,
con gli occhi strappati,
piangono lacrime di coriandoli
e colorate stelle filanti.
Anime in libertà.
Con la bocca vuota vanno urlando
grida di dolore e grasse risate.
Oggi è grande giornata!
Domani, dentro maschere vere,
con sguardi impassibili e volti composti,
riempiremo, di nuovo, le strade.


Ci tiene insieme la stessa catena


Ci tiene insieme una stessa catena
e camminiamo la stessa strada:
Dio prigioniero o inconsapevole schiavo,
felice eroe o disperato assassino,
per poco o per molto, ( per un soffio di vento)
dentro sogni di vita e sempre cercando.
Noi dipingiamo gli anelli di oro,
li coloriamo di cielo e di prato,
a volte anche di notte nera
dove non palpita né stella o luna,
ma dentro cerchi e robusti confini,
ci tiene insieme la stessa catena.


Nell’azzurro della sera

Ma io non sarò mai muta
poiché mille sono i linguaggi dell’anima
e perla preziosa è questa vita.
Dolci le parole dette e ascoltate,
ma pieno di sapore è anche guardare
e poter respirare
e aver voglia di ridere.
Calde le mie lacrime, quando sono triste,
pieni d’incanto i miei silenzi.
In me, il mondo esterno vive,
trasformato ogni volta.
E, nell’azzurro della sera,
più che la malinconia,
sarà l’attesa del domani
a far palpitare il mio cuore.



Cerchi

Cerchi che, al tramonto, si chiudono
e si riaprono, di nuovo, domani.
Tutto ricomincia e tutto torna.
Archi, strappati all’eternità, sono le nostre vite …
e così, nascendo, ogni volta vinciamo la morte.

Noi, gocce di mare con dentro l’universo,
camminiamo con passi brevi,
ma il percorso delle nostre strade
va costruendo un grande disegno
che, pian piano, ogni giorno inventiamo.





Dentro la strada

Dentro la strada, la gente.
Dentro la gente, qualcuno
che pare straniero,
che, ogni tanto, si ferma a guardare
qua e là, forse qualche vetrina.
Ma dentro il suo cuore
si affollano distese di grano,
ombre di querce e campi fioriti,
cari volti bruciati dal sole.




Un interno

Interno di una casa di campagna:
un tavolo in un angolo, vicino alla finestra ,
e, sul tavolo, un vaso di ceramica
con una rosa che qualche petalo ha già perso.
Pareti chiare, dietro mobili di legno scuro,
e, oltre i bianchi vetri, un po’ appannati,
scorgi un volto velato che spia
con lo sguardo colmo
di una grande malinconia.






La mia storia (dentro la storia)


Il mio corpo, la mia mente, il mio cuore.
Le mie idee, i miei sbagli,
la mia voglia d’amore.
Il mio spazio, il mio tempo:
la mia storia, dentro la storia.
Le mie incoerenze,
i miei sogni, i miei progetti,
le mie paure.
La mia morte.
Assaporo appena la vita,
poiché quello che c’era prima di me,
e quello che verrà dopo di me,
non m’appartiene.
Desiderio d’eternità, che viene,
quando l’infinito mi ha già rifiutato!





Ma io non cerco Dio

 Vorrei avere occhi buoni per guardare
Oltre i cieli e dentro i mari,
occhi che attraversano le menti e gli amori.
.Ma io non cerco Dio.

Vorrei poter ascoltare
Urla strazianti mai gridate,
lamenti covati e mascherati,
dolci discorsi di amanti negati.
Ma io non cerco Dio.

Vorrei diventare aria da respirare,
brezza di mare, pensiero puro.
Ridiventare natura.
Ma non c’è Dio
Ed io … non lo sto cercando.



 

Come amare

Avere voglia di morire
senza cercare la morte,
solo per finalmente capire,
uscendo da questo corpo.

Avere voglia di morire
per non sentirmi più sola,
e mettere ali per volare,
diventare aria e colori.

Avere voglia di morire
come  se volessi amare,
come stare ferma a guardare
l’acqua del fiume che va,
e, insieme alla corrente,
sentirmi andare anch’io,
forse verso il mio mare,
forse verso il mio niente.






Come avessi cent’anni

Come avessi cent’anni, mi ritrovo
a cercare nella memoria,
ricordi ormai velati e lontani,
emozioni un po’ spente e ovattate,
come passo sopra un manto di neve.
Come avessi cent’anni,
mi cerco dentro gli spazi perduti,
i sogni amati, ma poco cercati,
gli amori possibili o dimenticati.

Cent’anni … un giorno, una vita.
Cent’anni, e ancora non ti ho trovato.


Questa sera

Questa sera, così dolce
nel suo tramonto rosa,
mi dice parole d’amore.
E il mio desiderio fa nascere baci,
e calde carezze, e mute intese.
Sterile immaginazione!
Pure basterebbe un incontro:
-Dove sei? Vieni!-
 

Ce soir

Ce soir, sì beau
au coucher du soleil,
il me dit des mots d'amour.
Et moi...je cherche tes baisers,
tes ardentes caresses..
j'attends...
mon immagination reste stérile...
Viens chez moi!






L’altalena

Ma se ogni cosa ha la sua verità,
e non c’è bontà senza cattiveria,
giustizia senza violenza,
amore senza odio,
vita senza morte …
questo nostro vivere altro non è
che un’instancabile altalena
che cerca soltanto
la fine del suo movimento.








Vita di un poeta

Si vestì di parole,
e camminò con le parole,
guardò con le parole,
ascoltò, pianse, amò con le parole.
Parole erano le sue gioie e le sue rabbie,
parole i suoi ideali e le sue lotte.
Invecchiò, infine, con le parole,
si ammalò e morì …
sepolto da un mare di parole!



Le poéte

Sur soi il mit des mots
e avec eux s'en va tojours...
il regarde par ses mots,
il écoute, il pleut, il aime par ses mots.
Des mots sont ses joies et ses ressentiments,
des mots sont ses ideaux...
Il va mourir
enterré par ses mots...
peut-être, heuresement!



Poesia è anche

E, quando l’anima è stanca
e un po’ spente sono le emozioni,
è bello riscoprire
che poesia è anche ragione,
e logica e armonia,
che poesia non è solo sogno,
e fuga, e paura e illusione.
Oggi mi pare di svegliarmi,
e mi accorgo che niente amo di più
di questa terra che tocco con le mani,
del seme che, domani,
a fatica, germoglierà.







Cerchiamo parole

Cerchiamo parole per dire
cose già scritte da sempre,
credendoci piccoli Dei,
illusi di poter creare.
Intorno a noi c’è un silenzio
che parla più di mille discorsi,
ma senza restare all’ascolto,
cerchiamo parole per dire
cose già scritte da sempre.







Sto bene qui

Sto bene qui, tra queste righe,
dove ,finalmente, trovo riparo.
E voi battete con il martello
forti chiodi sull’immagine di me.
Pure non vi conosco.
Ma voi dite di conoscermi
E di sapere con certezza chi io sia.
Allora fuggo,
e questa è la mia vittoria.
Perché sto bene qui, tra queste righe,
dove, finalmente, trovo riparo.






Contrasti

Quel tanto di nero, che basta
a dar dimensione ai colori.
Quel tanto di morte, che dona
ogni istante vita alla vita.
Quel tanto di odio che rende
ancor più  visibile amore.




Nel silenzio della notte

Dal buio della memoria
affiorano antichi ricordi
che parevano dimenticati.
Fanno male, di nuovo, le ferite.
Sento freddo e vorrei riscaldarmi,
ma invano cerco un solo che non c’è.
Pure, nel silenzio della notte,
le mie pene sembrano irreali:
fantasmi, forse, o nere fantasie.
Basterebbe avere un po’ di luce
e il calore di un sole che non c’è,
ma che, volendo, mi potrei inventare!





Lo sposo

Carne mangia carne,
sangue mangia sangue,
grandi i cieli da guardare,
fresca l’acqua tra le rocce.

L’anima non si nutre di morte,
ma il corpo, suo sposo, la chiama
e lei, complice, inutilmente piange.

Carne mangia carne,
sangue mangia sangue,
morte mangia vita
e vita mangia morte.





Volti di bimbi senza sole


Volti di bimbi senza sole,
pallidi come perle,
con gli occhi grandi, pieni di stupore.
Volti di donne innamorate,
di giovani disperati,
di uomini cambiati.
Volti amati, accarezzati,
sognati.
Volti per specchiarci dentro,
e poi sentirsi riscaldati.
Volti pieni di rughe
di vecchi stanchi per un lungo cammino.
Volti che appartengono al passato,
volti che verranno.
Volti che chiedono o che danno.
Volti che riempiono le strade.





Occhi di bimba


Occhi di bimba si aprirono,
si chiusero occhi di donna.

Lunghi veli sopra il suo corpo,
camminò quasi danzando,
sempre cercando dov’era il mare.
-Ehi, voi! – (Dolce era la sua voce!)
- Ehi, voi! Aiutatemi a cercare!-

Un giorno incontrò un cavaliere
Sopra un veloce cavallo nero.
Vieni! – le disse- Salta su !
Ma la sua voce faceva paura.

E lui la portò, dove lei voleva,
posandola, infine, sulla riva.
-Eccolo, il mare!- Le disse indicandolo
-E adesso pagami! Regalami i tuoi veli! –

Lei sorrise appena spogliandosi,
poi, andando incontro alle desiderate onde,
si vestì tutta d’acqua e bianca spuma.
L’uomo rimase, incantato, a guardare.



E l’uomo camminò

E l’uomo camminò, e camminò, e camminò:
per sette giorni e per sette notti,
per sette valli e per sette monti.
La strada era lunga, e lunga, e lunga.
La fatica era tanta, e tanta, e tanta.
Ma l’uomo era giovane
E si teneva compagnia fischiando.

-Strega delle sette terre!
Strega dei sette mari!
Strega delle sette vite!
Strega delle sette morti! –

A lungo chiamò,
forte chiamò,
perché pensava di essere arrivato.
Ma non c’era voce che rispondesse.

-Non è questo il posto – si disse.

Allora riprese a camminare
E si teneva compagnia fischiando.

La strega lo vide andare via,
sparendo, a poco a poco, in lontananza.
 
 

Il confine ( pensando a Munch)

-Qual è la strada?-
Chiese il giovane al vento.
Voleva raggiungere il confine.
-Non la voglio corta,
né comoda, né dritta, –
Poi continuò a spiegare:
-ne voglio una qualunque,
purchè mi porti lì.-
Il vento era senza voce
e ci fu solo un grande silenzio.
-Qual è la strada?- Urlò.
Si perse nella vallata,
dilatata, la sua domanda.
Lontano arrivò, oltre la frontiera.



Femminilità

Stasera, ho messo su la gonna nera
( quella dritta, con lo spacco dietro).
Sopra ho infilato una camicetta rossa,
un po’ slacciata qui, sul mio bel seno.
Calze di seta a rete, sulle gambe,
scarpe lucide, con i tacchi a spillo.
Dietro le orecchie, ho spruzzato quel profumo
che mi hai regalato al mio compleanno:
non è un peccato, che tu voglia portarmi,
di filato, al tuo appartamento?
Andiamo, invece, a spasso, tra la gente …
mi piace tanto, sai, farmi ammirare!




L’acqua della verità


-Aprimi, strega! Fammi entrare!
Lunga è la strada che mi ha portata qui.
Ho attraversato foreste di rovi
tra lampi sinistri e rumor di catene,
ho lottato contro cani ringhiosi,
mostri paurosi e canti di sirene.
Mai ho rinunciato.
Ora sono stanca, strega. Lasciami entrare!
Cosa voglio? Oh! poca cosa.
Chiedo un po’ d’acqua della verità.
Un’ampolla sola, per bagnarmi il viso.
Quella che vedono, credimi, non son io.
Mille e mille volte, mi sento più bella.
Giovane ho l’animo e sensibile il cuore.
Aprimi, strega! Fammi entrare!-
Dischiuse l’uscio, una bella signora:
Non posso dartela- disse- non la possiedo-
Poi, dolcemente : trovati un amore!



 Una rosa d’autunno


Una rosa d’autunno
guardandosi allo specchio
s’accorse paurosa
d’esser bella parecchio
-bè?- le disse maggio-
cosa stai a titubare?
ci vuole del coraggio
per non invecchiare.




Dedicato a chi non si dimentica 

E poi ci sono quelle poesie che non hai mai letto.
Ti ho lasciato credere che celassero sospiri
e imbarazzanti frasi d’amore.
Poi, tu te ne sei andato.
Ora mi manca il tuo bussare alla finestra,
quando venivi da noi, la sera,
per informarmi, dicevi,
perché le donne devono sapere.
E tu, maschilista come mai,
pure mi portavi dentro casa il mondo,
e le pareti della cucina diventavano chiare.
-Non lavare i piatti! – dicevi
-Ascoltaci! E’ importante. -
E parlavamo di politica, di sindacato, di economia,
e infine, sempre di storie d’amore.
E si rideva … si rideva …
Ora ci sono queste poesie che non hai mai letto,
e mi manca la possibilità di dartele,
come mi mancheranno, l’estate vicina,
le sere calde, passate all’aperto,
sotto l’albero, in cerchio, davanti casa mia.

Mancanze

Voi, che andate via:
dentro di noi l’immagine vostra,
più che un ricordo.
Noi che restiamo:
ogni volta più soli.

Chi potrà mai perdonarmi?

Chi potrà mai perdonarmi,
se non sarò io, per  prima , a darmi perdono?
Libera, e tuttavia sempre monca,
una parte di me è andata via,
cercando, invano, l’altra in catena.
Pure, mi ricordo di un tempo,
in cui mi carezzavano i capelli
e avevo ancora lo sguardo sereno.
Ora mi nascondo, proteggendomi,
ma, ad inseguirmi, non sono che io sola.
Chi potrà mai perdonarmi,
se non sarò io, per prima, a darmi perdono?


L’appello

Nascosta, se ne stava Bellezza,
Pensandosi dimenticata,
da me, che per lei vivevo
-Bisogna proprio dirle, le cose, - pensai
-esplicitarle sempre.
Vieni!- invece, le dissi,
e lei volò ad abbracciarmi.
All’appello, ora c’erano tutti,
ma gli altri mi sembrarono assenti.
Noi due c’incamminammo insieme,
e ancora procediamo controvento.
Verso dove? Io non lo so dire.
Però, questa è la mia direzione,
la mia antica-unica strada.
Se davvero c’è concessa la strada,
sulla crosta del sogno, incedendo!

Uno di questi giorni

Uno di questi giorni, me ne andrò,
dove non si muore mai,
e non sarò più, né figlia,
né madre, né me stessa.
Camminerò, lungo una grande strada,
tra alti alberi dalle verdi chiome,
e, in fondo, vedrò, finalmente, il cielo.
Uno di questi giorni, me ne andrò,
perché, se resto, mio sarà l’inferno.
Ma io voglio, invece, la mia strada,
tra alti alberi, e dritta fino al cielo.

 
La scoperta

Infine arrivai.
E mi accorsi d’essere già stata in quel luogo.
Avevo percorso tutti i suoi sentieri,
ne avevo varcato mille volte i confini.
Senza saperlo, ero vissuta lì, tutta la vita.
Ma la scoperta fu improvvisa.
Senza più paura ero salita in alto
e, oltre una fitta rete di sottili strade,
m’apparve, inatteso, il grande prato verde.

           Io non ho parole da darti
Io non ho parole da darti
che possano raggiungere la tua anima.
Potrei cercarle calde, come raggi di sole,
dolci, come bimbi addormentati,
violente come il fragore della  tempesta,
belle come il primo amore.
Potrei scoprire parole
con dentro la voce del mare
come ascoltate da grandi  conchiglie.
Per te potrei urlare, sussurrare,
cercare il tuo linguaggio, se non è il mio,
sillabare, riempire il mio parlare di silenzio.
Ma non ci sono parole da darti
che possano raggiungere la tua anima,.
se, chiuso al mio ascolto,
ora,tu non vuoi incontrarmi.


Questa voglia di dire
Ancora ,mi lacera l’anima,
questa voglia di dire.
Poter partorire in eterno!
Solo così, saprei di esistere,
perché la morte, ci prende tutti,
lentamente, ogni giorno.
Aiutatemi, o voglio essere ascoltata!
Il tempo, si sta consumando:
Aiutatemi: quanto mi rimane?


Ancora scegliere

 
E, mentre già mi manca,
il resto che rimane,
di nuovo ancora scegliere.
Troppo poco, mi pare,
una strada sola da percorrere,
ma invano cerco chi m’insegni,
ad essere me stessa,
senza privarmi d'altro.
 
 
 

NERO

Arrivi silenzioso, inavvertibile
ombra dei miei paesaggi.
Mi accorsi di te solo quando
mi mancò. la luce. 
Infido colore parassita,
d'altri colori ti nutri.
Ma, pure maledicendoti,
l’arcobaleno a te s’inchina
e ti chiama "re della notte".
Forse sa di altre storie
e non a torto ti vuole
profeta di albe rosa,
buio che, nascondendo,
separa il nulla dall’esistenza.
Pure sei nelle cose:
già ti vidi definire forme,
dare corpo ai colori.
Dunque porti vita
o morte?


Bianco

Bianco come il sogno che più mi manca.
Lieve piuma le mie carezze sul tuo volto.
Neve fresca la tua mano sulla pelle.
Ma nebbia nella mente è la tua assenza.
E sogno resta, il mio dolce sogno bianco.

Questa sera
Questa sera, così dolce
nel suo tramonto rosa,
mi dice parole d’amore.
E il mio desiderio
fa nascere baci,
e calde carezze,
e mute intese.
Sterile immaginazione!
Pure basterebbe un incontro:
-dove sei? Vieni!-

Quadri 2
Successione infinita di quadri,
ferma è la materia che,
in apparenza, cammina.
Tra una sequenza e l’altra,
misterioso, nasce il movimento.
La fine è il rallentamento totale.
Il quadro coglie l’eterno
della magnifica calma.
C’ingannano i sensi,
le inutili accelerazioni.
Così fuggiamo dal nulla,
riempiendo di palpiti caldi,
questa pur bellissima vita.
Ma la mia mente va cercando
quadri , appesi alle pareti del tempo,
lungo labirinti, sempre vuoti,
che ingoiano figure e colori.
Dov’è la nostra opera?
Dove la nostra presenza?
-Muovi velocemente lo sguardo,
prima che la memoria svanisca!
Guarda! Il passato vive ancora,
mentre il presente va, e muore.



La mia solitudine

La mia solitudine orgogliosa
sa di magnifici grandi alberi
con mille foglie tremanti di luce,
d'aria fresca sulle guance rosse,
di silenzi gonfi di gioia,
di brividi d’ansia.

La mia solitudine gelosa
mi tiene prigioniera nel suo ventre
e, quando ho provato a raccontarla,
ha tolto alla mia voce il suono
e spento il grido nella gola,
di risa e pianto.

La mia solitudine bugiarda
mi riempie di coccole e canzoni,
mi promette voli azzurri e membra d’aria,
intese assurde con anime mai nate,
dolci abbracci di corpi ormai lasciati
e mai dimenticati.

La mia solitudine illusa
va scoprendo la sua inesistenza,
perché, se piange il cuore, ride nuovamente,
quando qualcuno silenzioso mi si nega,
ma poi, alza lo sguardo, e il suo sorriso,
al mio sorriso, tende.


Vanno via i miei colori

Vanno via i miei colori
e non so trattenerli.
Sbiaditi sono i dolci rosa,
freschi sorrisi dell’alba.
Spariti (quando?) tratteggi sottili
d’infiniti steli acerbi di grano,
pennellate leggere
di ali intinte di luce e di cielo.
Restano sfumature, tracce,
solo per ingannarmi la vista.
Ma svegliati sono i sensi
dal doloroso svanire dei gialli.
Ed è non solo stupore,
quello che invade il mio corpo,
di bianco e nero dipinto.
Ora, io sono in attesa.
Da laggiù la nebbia avanza.
Scoloriranno i segni
di me e della mia realtà.
Rimpiango tutto il rosso
che troppo poco ho vissuto,
mentre imparo il sapore
del vuoto e dell’assenza.
Già acquisto trasparenze.


Sapessi l’affetto …

Dentro le mura, a tratti,
urlano i sentimenti malati.
Scoppiano la rabbia e il dolore
della vita inattesa.
Inutilmente.
Perché, sapessi l’affetto
che comunque ci lega,
e quanta importanza
uno ha per l’altro,
dentro questa famiglia tormentata
e frantumata da taglienti niente!
Le vuote formule,
chiedono la predominanza,
e il respiro dell’amore,
vogliono diventi rantolo.
Pure sapessi l’affetto,
che non dovrei più dirti,
da quando, per prima, ti ho ferita,
pensando di non avere scelta,
nella solitudine dell’ideale,
persa, ormai, da tempo!
E il tempo, che credevo inesistente,
è crudele nella sua dimostrazione:
Ieri c’è stato, e come ..
se tutti gli anelli sono legati,
inesorabilmente, uno dopo l’altro!
E vorrei, diversa la catena,
di fragili bolle fatta
e non di pesante metallo..
(anche fosse oro prezioso!)
Vorrei soffiarla via
e, di nuovo, ricominciare.
Perché, sapessi l’affetto,
che dentro le nostre stanze,
balla e canta, da sempre,
meravigliandosi, ogni volta,
di non essere guardato!



LA CANZONE DELL'ACQUA


Fammi foglia, tu, mia rugiada.
Di brillanti e luce mi vestirò.
Smeraldo vivo, t’innamorerò
e di te invidia avrà
il mattino che viene.
Fammi riva, mia fonte.
Conca sarò di cerchi d’acqua,
t’attenderò lontana,
perchè verrai.. oh! Sì verrai.
Oggi me ne andrò, leggera ballando
per le vie del mondo.
Perché sei la mia pioggia
e bello è con te danzare.
Ti ricordi, chiedevo:
sai il colore dell’acqua?
E tacevamo complici
nell' acuto mistero.
Invano abbiamo cercato
Azzurri e verdi e blu
fantasmi in mia presenza,
mutevoli e confusi
in mille trasparenze,
nascosti dietro mura
di luccichii d’argento.
Non colori, disegni,
d’acqua lunghi cammini...
le gocce, i cerchi, le onde,
le curve serpeggianti,
le nuvole fumanti
al cielo e dal cielo mossi,
la neve sopra i monti …
a te m’hanno portata.
Tu mio inizio, tu fine.