CHE
BELLA , l'ESTATE!
Che
bella, l'estate!
Riscalda non solo la pelle, anche i pensieri e i sentimenti...vero Cè?
Si sta bene qui fuori, a mangiare all'aperto, anche se davanti casa mia è ancora tutto da accomodare e le sedie e i tavolini sono precari e un po' scoloriti. Ma forse ha il suo fascino questa non perfezione d'accoglienza... dimmi di sì Cè...dimmi di sì.
Gli arrosticini erano ottimi, ma tu sei vegetariana... ieri gli gnocchi erano scotti, ma a te piacevano...cos'è allora LA PERFEZIONE?
(Ridi, e m'ascolti...sai ascoltare tu, amica mia conosciuta prima virtualmente e ora qui, nella mia casa d'Abruzzo, in carne ed ossa ( più ossa che carne) ...con tuo marito e tua figlia. E' come se mi conoscessi da sempre, indovini di me fragilità antiche scrutandone le tracce nei miei gesti goffi, sai che ora ho una forza che m'è nata dentro... ma quanto m'è costata! Un'imprevedibile forza insospettabile e insospettata da tutti.
Riscalda non solo la pelle, anche i pensieri e i sentimenti...vero Cè?
Si sta bene qui fuori, a mangiare all'aperto, anche se davanti casa mia è ancora tutto da accomodare e le sedie e i tavolini sono precari e un po' scoloriti. Ma forse ha il suo fascino questa non perfezione d'accoglienza... dimmi di sì Cè...dimmi di sì.
Gli arrosticini erano ottimi, ma tu sei vegetariana... ieri gli gnocchi erano scotti, ma a te piacevano...cos'è allora LA PERFEZIONE?
(Ridi, e m'ascolti...sai ascoltare tu, amica mia conosciuta prima virtualmente e ora qui, nella mia casa d'Abruzzo, in carne ed ossa ( più ossa che carne) ...con tuo marito e tua figlia. E' come se mi conoscessi da sempre, indovini di me fragilità antiche scrutandone le tracce nei miei gesti goffi, sai che ora ho una forza che m'è nata dentro... ma quanto m'è costata! Un'imprevedibile forza insospettabile e insospettata da tutti.
Improvvisamente,
forse complice l'aver bevuto un buon bicchiere di Montepulciano
d'Abruzzo, ho voglia di raccontarti il mio segreto... o almeno
aprirmi un poco per farti vedere il mio cambiamento.
-Cè... sai che una volta ero una buona a nulla?-
Ridendo mi sfotti...- perchè...invece ora?
-Cè... sai che una volta ero una buona a nulla?-
Ridendo mi sfotti...- perchè...invece ora?
-Le
cose cambiano. O forse siamo noi a cambiare e con noi il nostro punto
di vista sulle cose. Questione di ottica, istinto di sopravvivenza.
Se vogliamo che qualcosa cambi, dobbiamo essere noi a cambiarle,
altrimenti è tutto come prima-
I
miei pensieri prendono voce e forse interrompo il tuo aprirti. Sì,
il fascino della perfezione sta nella non perfezione. Come noi. Ci
crediamo perfetti fino a quando scivoliamo in un baratro che sembra
infinito e sentiamo un mostro che ci divora da dentro per quell’unico
madornale errore … che poi, se ci pensi, sono tanti gli errori,
quanti sono i giorni e le ore vissuti fin qua, ma quando tocchi il
fondo, ecco, quello è il momento in cui devi reagire, fare quel
famoso salto che ti tira fuori; un colpo di reni. È il momento della
non perfezione che coincide con la perfezione, è il momento in cui i
due estremi sono uno. Lo so, lo so...sto filosofeggiando; come al
solito, per prendere tempo. Non è facile ascoltare qualcuno che si
apre. Perché … Perché devi ascoltare anche te stesso. Me stessa,
in questo caso, le mie paure, la mia rabbia, la mia meschinità; la
mia fragilità.
-Come
siamo pesanti Cè!
Forse
hanno ragione le mie figlie, mi dicono che rumino sempre ipotesi e
poi siglo tutto... tremendi i figli, giudici severi!...Ma ho dovuto
imparare a ridere con loro di me, o almeno a provarci o a far finta.
Però
c'è stato un momento in cui non ho pensato e né ragionato, ho
saltato nel buio, dovevo farlo e l'ho fatto, giusto o sbagliato che
fosse.
E
tutto questo dopo essermi sentita come paralizzata, bloccata per la
disperazione, con le gambe di cemento e senza più sangue nelle vene
.T'ho detto che eravamo in bilico tra tragedia e normalità, tra
follia e vita razionale, fermi su di un fragile filo sospeso sul
vuoto, trattenendo il respiro-
-Mi
hai raccontato...brutta bestia la depressione!-
-Sì,
ma finchè non accadeva nulla, si poteva solo tremare, solo
disperare.
Poi
quella minaccia fece crescere l'angoscia, non farmelo raccontare, mi
fa ancora male. Tutto m'apparve perduto...tutto sarebbe stato perduto
se ... ho toccato il pericolo quasi con le mani. Mara era tornata a
dormire...per cento anni? Terribile non poter sapere nemmeno questo,
forse avremmo potuto aspettare per sempre. Non so dirti quanto sia
atroce l'attesa senza fine. Di nuovo aspettare senza speranza, come
tante altre volte,e poi magari tornare a fare le salite e poi ancora
i precipizi, e ogni volta sentire maggiore fatica nell' arrampicarsi
ferendosi e sanguinando, pensando ...- Fino a quando ce la faremo?
-
Ma che magnifica sera!...Com'è bello che sia tutto passato!.
Ora
possiamo parlarne. E magari riderne. Sì, è bello che sia tutto
passato. E forse che ci sia stato. Che ci abbia permesso di arrivare
fin qua, così come siamo. Chi lo sa.
Mi
distraggo a guardare le stelle di questa magnifica serata abruzzese.
Da noi non si vedono così bene; troppo l’inquinamento luminoso;
troppo l’inquinamento in genere.
Ed
anch’io mi sento così: inquinata.
Ho
sempre considerato il mio sentire meno importante rispetto a quello
altrui. Ma mi rendo conto che, a volte, occorre fare un passo per
mostrarsi, per lasciare che l’altro si specchi in te.
-Sai
Mil … ero molto arrabbiata con mio padre e solo dopo anni ho capito
che la rabbia non era mia. Ma quel giorno lo ero molto; tanto che non
lo salutai quando uscì di casa per andare la lavoro, non risposi al
suo saluto. E non tornò più. Morì d’infarto quel giorno, a
lavorare. Aveva quarantaquattro anni. Io quasi venti. Non pensai al
mio dolore: c’era mia sorella di undici anni più piccola di me da
proteggere, da accudire. Poi c’era mia madre. Mi caricai sulle
spalle tutto. Ero l’ombra di mia madre e di mia sorella. guidai io
il giorno del funerale, fino a Bologna dove venne cremato; il primo
ad essere cremato nel nostro piccolo comune. E guidai sempre io per
tornare a casa, con la celletta cinerari sulle gambe di mia madre.
Dopo un mese un enorme mal di testa mi stese per due settimane: il
medico mi mandò a fare l’elettroencefalogramma temendo fosse una
meningite-.
Rido.
E guardo il cielo pieno di stelle. Ho imparato a ridere di me, a
sdrammatizzare i miei dubbi, i miei dolori, le mie ansie.Ho imparato
a salutare tutti, anche chi mi è antipatico.
E
quando la mia migliore amica smise di salutarmi di colpo da un giorno
all’altro, ci rimasi molto male. Non capivo il motivo e nemmeno lei
me lo disse nonostante il mio chiedere spiegazioni –Tu non centri,
ma devi capire-.
Non
ho mai capito che cosa dovevo capire. O forse sì. Ma ormai non ha
più importanza.
-Tu
devi sempre capire!- rido io esclamando- Che Cecilia saresti
mai?..Questo è il tuo destino Cè!-
Mi
fai la linguaccia, mi sei simpatica quando giochi e fai le facce o
dai giù di brutto con la tua ironia, dissacrando lacrime e tragedie
quasi sempre esagerate. Vivere è cosa seria, è vero, ma non una
sceneggiata.
-Cè...
io non mi arresi...il mio corpo voleva arrendersi, ma io fui più
forte.-
Sento
d'esserti simpatica anch'io quando mi comporto così, quando invento
soluzioni a dispetto di attese nefaste.
-In
che modo?...In che modo Mil?-
-Capii
che il male aveva delle mura, si era barricato da noi e circolava
dentro la nostra casa.Fu un lampo geniale, comprendendolo realizzai
che dovevamo lasciarle quelle mura, andare dovunque pur di
abbandonarle. Coinvolsi mio marito, i suoi amici,i parenti.Dovevo
trovare un luogo dove portarla, dove spostare Mara.
E
naturalmente lo trovammo...una casupola in un paesino di montagna,
abbandonata, ma con ogni comodità, da pulire e sistemare, ma
bellissima e con una veduta sulle montagne da mozzafiato.Un salto nel
buio? Forse.Noi lo vivemmo come un salto nell'altrove, un ignoto
amico, tutto da costruire, senza passato, una rinascita.
E
davvero rinascemmo insieme, io la partorii di nuovo e poi me ne
distaccai lentamente mentre la guardavo imparare a camminare da
sola.Furono mesi di sentieri percorsi insieme, di urla e poi risate,
di litigate e di abbracci. E ogni giorno lentamente divaricavamo le
nostre strade, sempre attenta, io, alle sue forze, con il cuore
impazzito di battiti, con la speranza...la speranza...Quel buio Cè
forse ci attendeva da sempre, era popolato di nuovi amici, di calore,
di semplicità. Il distacco dal dolore avvenne senza fare rumore,
piano piano, giorno dopo giorno. Cè... quel salto fu un atto di
fiducia, un avere fede, fu cambiare le cose.
-Sì,
è così- mi sorprendo a dire queste semplici parole, quasi come un
automa. Percepisco il tuo dolore che ancora si annida dentro; quel
mostro che ti guarda dal baratro e che con gelido sadismo ti tiene
sulla graticola. Un elastico che ti permette di allontanarti, ma non
troppo.
-Sì,
è così. I figli ti stravolgono la vita e ti rivoltano come un
calzino. Ma tu per i figli sei pronta a stravolgere la tua vita e a
rivoltarla come un calzino-.
Quante
sciocchezze dico; e quante ne so dire !
Però
sì, è cosi: per loro fai un salto vertiginoso, perché tu sei il
loro esempio e loro ti osservano con occhi attenti. Non puoi
sbagliare. Loro, loro e ancora loro !
Il
mio salto lo feci andando a prendere Lulù nel suo paese, lontano
mezzo mondo. dodici ore di volo, cinque di auto; una lingua
straniera, una città con più di ventidue milioni di abitanti, noi
che veniamo da un piccolo paese della pianura con poco più di
cinquemila anime. Ma non importa: se ti devi lanciare ti lanci e
basta ! Nessun ripensamento, nessun –Oh, cazzo, forse ho
sbagliato!- No, vai e basta e quando sei là, straniero in terra
straniera e devi vivere la vita di tutti i giorni, beh, amen ! Come
dici tu, cara amica mia …
Deve
essere stato un bel salto anche per lei. Un salto nella fiducia. Nel
doversi affidare a tutti i costi. Nel volersi affidare. Altrimenti
perché ? Che senso avrebbe ?
-Sai
Mil, lo sai cosa mi chiese Lulù dopo mezz’ora che era con noi, in
tribunale aspettando la pratica di “consegna” ? Mi chiese:“Posso
chiamarvi mamma e papà?”. Certo che puoi, le risposi in un
portoghese da autodidatta; puoi chiamarci come preferisci, come ti fa
più piacere. E da allora ci ha sempre chiamati così, mamma e papà.
Ci ha insegnato la fiducia. Ho imparato. Mi ha salvata dal mio
degrado, dalla mia rigidità; dai miei silenzi. Le devo la vita. Tu
lo capisci, vero ? Per lei sono scesa nelle profondità più oscure
di me. Un salto nel buio e uno nel vuoto. Senza protezioni senza
paracadute. Un bunjing jumping senza elastico. Per poi risalire e
conquistare non la vetta, ma qualcosa di più prezioso: me stessa-.
Noi
genitori siamo un esempio, sì; ma che esempio siamo quando
commettiamo errori, quando siamo stravolti dalla stanchezza o
massacrati dalla cattiveria. Me lo sono chiesta un giorno, forse il
peggiore della mia vita. Mi aggiravo per casa nella più totale
assenza, in loop; avevo uno straccio in una mano ed un cutter
nell’altra. Non capivo più niente. Piangevo a dirotto; quasi non
respiravo. ...Che esempio sono per lei, che esempio sono ?...Il
lavoro mi aveva sfiancata, ma più di tutto due colleghe, stronze
fino all’osso, che da anni mi perseguitavano, che mi avevano
portata a quel punto. Al punto di non sapere più, di non conoscere
né riconoscere; al punto in cui quel mostro mi tratteneva forte e
con disprezzo tra i suoi artigli e mi divorava pian piano partendo
dalla testa. “Che esempio sono ?” continuavo a ripetermi. Mi
vergognavo di me stessa, mi disprezzavo, non mi riconoscevo più, non
mi volevo più. Mi odiavo. Non so quanto tempo passai. Forse dieci
minuti. Forse mezz’ora. Forse un’ora. Il tempo non esisteva più
… io non esistevo più. Recidere ogni legame col dolore, con la
sofferenza; con la vergogna di essere lì. ...Che esempio sono per
lei ? … Che esempio sono per mia figlia se mi tolgo la vita ? ...Un
attimo. In una frazione di secondo si capovolse tutto. Si capovolse
il significato di “che esempio sono per lei”, un clik ! e si
accende la luce. Quella frazione di secondo in cui superi la paura
della vertigine e ti butti. È quella frazione di secondo che fa la
differenza fra una vita e la successiva.. la differenza fra
sopravvivere e vivere.
“La
vertigine non è paura di cadere ma paura di volare” canta
Jovanotti ….
Non
riesco ancora a dar voce a questo racconto, mi gira nella mia mente,
ora più serena. Lo tengo per me, guardando il cielo stellato. Ma
vorrei parlartene un giorno. E allora, quello, sarà un bellissimo
giorno.
-Cè...questa
sera è bellissima!...Bella l'estate!
MILCE
(Milvia
Di Michele e Cecilia Bonazzi)
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