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mercoledì 17 settembre 2014

FOTOGRAFIE di Cecilia e Milvia


FOTOGRAFIE

Siamo qui, e finalmente riusciamo a parlare. Noi sorelle da sempre e nemiche...da quando?
Forse da mai, se adesso stiamo così bene, allungate per terra, sopra il tappeto coloratissimo fatto all'uncinetto dalla nonna, e guardiamo le nostre foto sparpagliate, pezzi della nostra vita fermati, incollati attimi che suggeriscono catene di ricordi, cerchi che si allargano nell'anima.

-Guarda questa!- Eri in braccio a me, tu piccolissima e io ...oh! Anche io piccola, pure se mi sto atteggiando d'adulta. Eri proprio carina, mamma ti allattava ancora al seno, e mi teneva distante per paura ti facessi male.-
-Mi dispiace, Emma, mi dispiace! So che è stata dura per te essere spodestata dalla mia nascita, ma tu eri la prediletta! La figlia che faceva tutto per bene!.

Guardo quelle foto... alcune in bianco e nero, che a me piacciono tanto, altre con colori spenti, altre ancora a colori più vivaci : quanto tempo, quante cose, quante emozioni. Sì, io più grande di te. Spodestata ? Forse. Di certo la differenza di età si è fatta sentire nei primi anni, ma ora qualcosa di più grande ci lega, indescrivibile, impronunciabile. Quando morì nostro padre cercai di sostituirmi a lui, io, sorella maggiore: il più grande errore della mia vita ! Ma scelgo di stare al gioco e prendo tra le dita due foto.

-Guarda qui ! Questi sono i nonni. Io ero piccolissima. E guarda quest’altra ! Sempre i nonni, ma con te piccolissima ! Cambiano solo i colori, la qualità dell’immagine, ma sono sempre i nonni-.

È una metafora la mia, come l’intera vita che ho vissuto fin qui. Tu sorridi e torni ai ricordi che le immagini stampate riportano. Quando ti sei ammalata mi sono sentita morire anch'io, il tuo male era il mio male, l'altro aspetto, il negativo della stessa foto. Sorella mia, tu, più che sorella! Non mi sopportavi perchè rafforzavo la tua fatica di vivere, perché non ce la facevi a risolvere anche i miei nodi.

-Sì, questa foto è una meraviglia, guarda il nonno vestito da carnevale! Ha la parrucca in testa e il naso finto e guida il suo trattore addobbato di fiori e carico di bimbi...ricordi? Era il nostro autista, quando, all'asilo, ci travestivamo e lui ci portava a spasso per il paese portandosi dietro in processione maestre, genitori, nonni, curiosi. Quanto si rideva...quanto!

La nostra infanzia è stata bella. Cosa non ha più funzionato? L'adolescenza è un periodo tremendo, ma non è stata solo colpa di un'età ingrata. Cosa ti hanno fatto, dolce uccellino che trillavi. Cosa hai dovuto sopportare che io non ho condiviso, che vorrei farti dimenticare?

-E questa!!! Oh no! IL TROFEO MATTEOTTI!

Ridi di gusto, e il cuore mi si dilata, che bello sentirti ridere! Entrambe restiamo in silenzio a ricordare le strade con curve a gomito, piene di gente sotto gli ombrelloni, come al mare, il rumore delle macchine da corsa che ruggivano, e finalmente la gente, tanta, colorata e allegra, come quando si festeggiava Santa Maria Assunta

Queste foto, così sparse sul pavimento ! Ognuna di loro racconta una storia, ognuna di loro è un frammento di vita, o una vita in frammento. Dipende dalla nostra ottica, dal nostro punto di vista. Ricordi. Ricordi che vanno, che vengono. Alcuni non ci appartengono, ma li teniamo ben stretti , come per aggrapparci all’unica àncora di salvezza: fatichiamo a lasciare andare ciò che pensiamo sia parte di noi, fin quasi a precludere ogni possibilità relazionale…e nutrizionale !

Inavvertitamente il mio sguardo cade su quella foto in cui tu, pallida e magra, sorridi a stento. La tensione ti si legge negli occhi, la rabbia nel corpo. Mi atteggiavo adulta, è vero, ma non lo ero e, solo col tempo, ho compreso che l’adulto è colui che possiede la saggezza della propria esperienza e in questa saggezza ascolta i bisogni dell’altro distinguendoli dai propri. Così dovrebbe essere, almeno.

Distolgo lo sguardo e prendo un’altra foto a caso. Foto di classe, 5a, elementare, tu e tuoi compagni di classe. Altra foto: 3c, medie, io e i miei compagni; alcuni non ci son più. Altri ricordi.

-Emma?- Mi scuoti dai miei pensieri, scuotendo pure te stessa- Emma...mi perdoni?-

-E di cosa Silvia...di cosa dovrei perdonarti?-

-Per aver "usato la mia malattia", per averti allontanata. Tu sei partita perchè io non ti volevo, io lo so che avvertivi questo mio rancore. Io mi sono ammalata per liberarmi di te!-

-Ma cosa dici? Sei stata così felice di questo mio ritorno! Trascorreremo insieme un'estate bellissima!-

Raccolgo una foto, c'è Emma stupenda, solo un po' gonfia, la rimescolo tra le altre nascondendola, ma lei l'ha vista.

-Non preoccuparti, non mi fa più male- ed è veramente serena.

- Allora t'invidiavo, tu eri perfetta e io non sopportavo di confrontarmi con te. Ma ora capisco che non era colpa tua .- Guarda! Il nostro teatro!!!-

-Silvia stringe tra le mani la foto fatta dalla mamma, quel giorno, uno dei tanti, in cui con tutti i cuginetti invitavamo le mamma a guardarci a " teatro" e, vestite alla buona improvvisavamo dei bellissimi " facciamo finta che" e loro erano il nostro pubblico caloroso e applaudivano orgogliose.-

Quanta fatica costa mantenere la serenità, o riprendersela. Ma la vita è un puzzle di fotografie, è innocenza che ritorna. O anche ferite rivissute. Ricuciamoci la nostra esistenza sorella mia, più che sorella. Abbiamo un filo d'oro lungo, e un affetto che credevamo perduto, ma era solo andato a nascondersi, aspettando il sereno.



( pubblicato da Aletti editore nella collana " Ricordi"  )





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