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martedì 8 aprile 2014

I SAPORI DELLA SOLITUDINE



 

Domenica. E finalmente sono sola in casa.
Neanche mangerò, per non sporcare nemmeno un piatto.
Berrò forse solo un po’ di latte.
Che bella sensazione di pace!
Che sollievo questo silenzio che si dilata di stanza in stanza: silenzio consolatorio.
I miei pensieri sono liberi di costruirsi, intrecciarsi, portarmi da un luogo a un altro, da un tempo a un altro.
Che mi manca?
In tanti hanno paura della solitudine, io no. Sono altre le solitudini che temo.
Mi capita di sentirle nel cuore e nell’anima, scoppiarmi dentro disorientandomi e facendomi sembrare la realtà un sogno.
Mi accade quando scopro che le persone con cui vivo non mi raggiungono, né io comunico con loro.
Confusioni di egoismi e invadenze mi circondano, mi frantumano senza pietà. Ognuno vede solo se stesso e la sua affermazione e ci si calpesta l’un l’altro, ma senza cattiveria.
La disperazione è altra cosa.
Per questo amo il silenzio e sto bene da sola.
Ho imparato da tempo il suo sapore.
Era un’altra epoca, un altro ambiente.
Avevo attorno colline e non mura, alberi e ruscelli al posto dei balconi.
E poi acqua ed erba … erba … erba.
C’era una grande intesa tra me e la natura.
Mi pareva di essere un po’ terra e un po’ cielo, un po’ foglia tremante, o tronco ruvido di quercia.
Nostalgia.
Voglia di tornare in luoghi persi, persa ormai definitivamente anch’io.
Pure quello è ancora il mio vero territorio,è il mio humus.
Lì affondo ancora le mie radici per crescere.
Terreno fertile, annaffiato non d’acqua piovana, ma da lacrime pudiche mai versate,
scaldato non dal sole, ma da affetti certi e dolci ricordi.
Solitudine piena.
Certo, questa di oggi è altro.
E’ assenza di dolore, è pace. Somiglia a casolari abbandonati, a templi corrosi dai secoli, pure ancora viventi e testimoni di una storia mai del tutto superata.
L’altra era acqua di cascata, frescura d’ alberi, incanto.
Era attesa di grandi eventi, vitalità a stento repressa e trattenuta, come corsa frenata di focosi cavalli.
Ma le epoche della nostra vita hanno stagioni diverse e non c’è speranza di ritorno.
Odio questo accontentarmi, questo accettare rassegnato.
Uscirò. Saluterò la gente per strada, anche quella che non conosco.
Poi arriverò al mio mare.
Ricorderò cosa cerco e mi manca.
E, di nuovo, non saprò dirlo ad alcuno.
Sola, come sempre, ma colmi i miei occhi d’azzurro e di luce.
 
 
 



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