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sabato 22 novembre 2014

pensando al Natale













RIVISITANDO UN'ANTICA USANZA

Ho scoperchiato il piatto... (e mi rammento
il mio biglietto in porpora e d'argento,
dipinto a mano un angelo e la scritta
in cui chiedevo ...cosa? ...Resto zitta.)
Quanti anni son passati... come invecchio!
Le usanze son cambiate di parecchio!
Ora nel piatto ho messo un tovagliolo,
Gesù lo legge e bacia il mio figliolo!



 

NINNA NANNA AD UN RICORDO

Ninna nanna ad un ricordo,
d'oro e incenso, da cullare,
dell'infanzia e del Natale....
Ninna nanna profumata,
di cannella e cioccolata,
degli abeti e mandarini,
di sorrisi di bambini,
di calzini appesi al chiodo
e del brodo di cappone,
ninna nanna col groppone...
poche cose attese e care,
di sorprese non amare.
Ninna nanna, non pensiamo
alle cose ora cambiate,
il passato torna a galla...
dolce tempo delle fate!

 

SOGNO IL NATALE

Natale è solo un sogno,
per bisogno, o speranza...
una danza di bugia,
dono, magia nell'anima
di un tenero perdono...
Tu amami...tu amami!
Se fossimo a Natale...
che vale... ( mi diresti)
arrovellarsi il cuore,
amore, dolce amore!
E sogno ora il Natale,
che il male veste e indora.

 
 
Natale è un bisogno
 
Natale è solo un sogno,
per bisogno, o speranza...
una danza di bugia,...
dono, magia nell'anima
di un tenero perdono...
Tu amami...tu amami!
Se fossimo a Natale...
che vale... ( mi diresti)
arrovellarti il cuore,
amore, caro amore!
Adoro il mio Natale,
che scorda l'ora amara.
 
 
 
Pensando a Natale
 
Sono terrigna, fatta d'acqua e terra,
però impastata d'aria assai leggera,
nascosto dentro il cuore brucia un fuoco,
e mi consuma, come a tutti il tempo.

 
Natale arriva e non lo riconosco,
questo Natale è plastica, è rifatto,
sembra d'amore vuoto e un poco stupido,
vorrei tornare lì dove s'è perso.
 
S'è perso dentro i cuori e s'è nascosto,
sta rintanato come per paura ,
vuole arrivare... guarda! ...E' già arrivato,
lui sta rinchiuso, però non se n'è andato.
 
Il mio Natale voglio, è la Speranza,
se nasce un bimbo nasce una gran luce,
che mi perdoni il Padre se io penso,
che chi non crede, ha fede nell'immenso.
 
Sono terrigna, fatta d'acqua e terra,
però impastata anche d'aria leggera,
nascosto dentro il cuore brucia un fuoco,
e mi consuma, come a tutti il tempo.

giovedì 20 novembre 2014

CHE BELLA, L'ESTATE!






CHE BELLA , l'ESTATE!





Che bella, l'estate!
Riscalda non solo la pelle, anche i pensieri e i sentimenti...vero Cè?
Si sta bene qui fuori, a mangiare all'aperto, anche se davanti casa mia è ancora tutto da accomodare e le sedie e i tavolini sono precari e un po' scoloriti. Ma forse ha il suo fascino questa non perfezione d'accoglienza... dimmi di sì Cè...dimmi di sì.
Gli arrosticini erano ottimi, ma tu sei vegetariana... ieri gli gnocchi erano scotti, ma a te piacevano...cos'è allora LA PERFEZIONE?
(Ridi, e m'ascolti...sai ascoltare tu, amica mia conosciuta prima virtualmente e ora qui, nella mia casa d'Abruzzo, in carne ed ossa ( più ossa che carne) ...con tuo marito e tua figlia. E' come se mi conoscessi da sempre, indovini di me fragilità antiche scrutandone le tracce nei miei gesti goffi, sai che ora ho una forza che m'è nata dentro... ma quanto m'è costata! Un'imprevedibile forza insospettabile e insospettata da tutti.

Improvvisamente, forse complice l'aver bevuto un buon bicchiere di Montepulciano d'Abruzzo, ho voglia di raccontarti il mio segreto... o almeno aprirmi un poco per farti vedere il mio cambiamento.
-Cè... sai che una volta ero una buona a nulla?-
Ridendo mi sfotti...- perchè...invece ora?



-Le cose cambiano. O forse siamo noi a cambiare e con noi il nostro punto di vista sulle cose. Questione di ottica, istinto di sopravvivenza. Se vogliamo che qualcosa cambi, dobbiamo essere noi a cambiarle, altrimenti è tutto come prima-



I miei pensieri prendono voce e forse interrompo il tuo aprirti. Sì, il fascino della perfezione sta nella non perfezione. Come noi. Ci crediamo perfetti fino a quando scivoliamo in un baratro che sembra infinito e sentiamo un mostro che ci divora da dentro per quell’unico madornale errore … che poi, se ci pensi, sono tanti gli errori, quanti sono i giorni e le ore vissuti fin qua, ma quando tocchi il fondo, ecco, quello è il momento in cui devi reagire, fare quel famoso salto che ti tira fuori; un colpo di reni. È il momento della non perfezione che coincide con la perfezione, è il momento in cui i due estremi sono uno. Lo so, lo so...sto filosofeggiando; come al solito, per prendere tempo. Non è facile ascoltare qualcuno che si apre. Perché … Perché devi ascoltare anche te stesso. Me stessa, in questo caso, le mie paure, la mia rabbia, la mia meschinità; la mia fragilità.



-Come siamo pesanti Cè!

Forse hanno ragione le mie figlie, mi dicono che rumino sempre ipotesi e poi siglo tutto... tremendi i figli, giudici severi!...Ma ho dovuto imparare a ridere con loro di me, o almeno a provarci o a far finta.

Però c'è stato un momento in cui non ho pensato e né ragionato, ho saltato nel buio, dovevo farlo e l'ho fatto, giusto o sbagliato che fosse.

E tutto questo dopo essermi sentita come paralizzata, bloccata per la disperazione, con le gambe di cemento e senza più sangue nelle vene .T'ho detto che eravamo in bilico tra tragedia e normalità, tra follia e vita razionale, fermi su di un fragile filo sospeso sul vuoto, trattenendo il respiro-

-Mi hai raccontato...brutta bestia la depressione!-

-Sì, ma finchè non accadeva nulla, si poteva solo tremare, solo disperare.

Poi quella minaccia fece crescere l'angoscia, non farmelo raccontare, mi fa ancora male. Tutto m'apparve perduto...tutto sarebbe stato perduto se ... ho toccato il pericolo quasi con le mani. Mara era tornata a dormire...per cento anni? Terribile non poter sapere nemmeno questo, forse avremmo potuto aspettare per sempre. Non so dirti quanto sia atroce l'attesa senza fine. Di nuovo aspettare senza speranza, come tante altre volte,e poi magari tornare a fare le salite e poi ancora i precipizi, e ogni volta sentire maggiore fatica nell' arrampicarsi ferendosi e sanguinando, pensando ...- Fino a quando ce la faremo?



- Ma che magnifica sera!...Com'è bello che sia tutto passato!.



Ora possiamo parlarne. E magari riderne. Sì, è bello che sia tutto passato. E forse che ci sia stato. Che ci abbia permesso di arrivare fin qua, così come siamo. Chi lo sa.

Mi distraggo a guardare le stelle di questa magnifica serata abruzzese. Da noi non si vedono così bene; troppo l’inquinamento luminoso; troppo l’inquinamento in genere.

Ed anch’io mi sento così: inquinata.

Ho sempre considerato il mio sentire meno importante rispetto a quello altrui. Ma mi rendo conto che, a volte, occorre fare un passo per mostrarsi, per lasciare che l’altro si specchi in te.

-Sai Mil … ero molto arrabbiata con mio padre e solo dopo anni ho capito che la rabbia non era mia. Ma quel giorno lo ero molto; tanto che non lo salutai quando uscì di casa per andare la lavoro, non risposi al suo saluto. E non tornò più. Morì d’infarto quel giorno, a lavorare. Aveva quarantaquattro anni. Io quasi venti. Non pensai al mio dolore: c’era mia sorella di undici anni più piccola di me da proteggere, da accudire. Poi c’era mia madre. Mi caricai sulle spalle tutto. Ero l’ombra di mia madre e di mia sorella. guidai io il giorno del funerale, fino a Bologna dove venne cremato; il primo ad essere cremato nel nostro piccolo comune. E guidai sempre io per tornare a casa, con la celletta cinerari sulle gambe di mia madre. Dopo un mese un enorme mal di testa mi stese per due settimane: il medico mi mandò a fare l’elettroencefalogramma temendo fosse una meningite-.

Rido. E guardo il cielo pieno di stelle. Ho imparato a ridere di me, a sdrammatizzare i miei dubbi, i miei dolori, le mie ansie.Ho imparato a salutare tutti, anche chi mi è antipatico.

E quando la mia migliore amica smise di salutarmi di colpo da un giorno all’altro, ci rimasi molto male. Non capivo il motivo e nemmeno lei me lo disse nonostante il mio chiedere spiegazioni –Tu non centri, ma devi capire-.

Non ho mai capito che cosa dovevo capire. O forse sì. Ma ormai non ha più importanza.




-Tu devi sempre capire!- rido io esclamando- Che Cecilia saresti mai?..Questo è il tuo destino Cè!-

Mi fai la linguaccia, mi sei simpatica quando giochi e fai le facce o dai giù di brutto con la tua ironia, dissacrando lacrime e tragedie quasi sempre esagerate. Vivere è cosa seria, è vero, ma non una sceneggiata.

-Cè... io non mi arresi...il mio corpo voleva arrendersi, ma io fui più forte.-

Sento d'esserti simpatica anch'io quando mi comporto così, quando invento soluzioni a dispetto di attese nefaste.

-In che modo?...In che modo Mil?-

-Capii che il male aveva delle mura, si era barricato da noi e circolava dentro la nostra casa.Fu un lampo geniale, comprendendolo realizzai che dovevamo lasciarle quelle mura, andare dovunque pur di abbandonarle. Coinvolsi mio marito, i suoi amici,i parenti.Dovevo trovare un luogo dove portarla, dove spostare Mara.

E naturalmente lo trovammo...una casupola in un paesino di montagna, abbandonata, ma con ogni comodità, da pulire e sistemare, ma bellissima e con una veduta sulle montagne da mozzafiato.Un salto nel buio? Forse.Noi lo vivemmo come un salto nell'altrove, un ignoto amico, tutto da costruire, senza passato, una rinascita.

E davvero rinascemmo insieme, io la partorii di nuovo e poi me ne distaccai lentamente mentre la guardavo imparare a camminare da sola.Furono mesi di sentieri percorsi insieme, di urla e poi risate, di litigate e di abbracci. E ogni giorno lentamente divaricavamo le nostre strade, sempre attenta, io, alle sue forze, con il cuore impazzito di battiti, con la speranza...la speranza...Quel buio Cè forse ci attendeva da sempre, era popolato di nuovi amici, di calore, di semplicità. Il distacco dal dolore avvenne senza fare rumore, piano piano, giorno dopo giorno. Cè... quel salto fu un atto di fiducia, un avere fede, fu cambiare le cose.

-Sì, è così- mi sorprendo a dire queste semplici parole, quasi come un automa. Percepisco il tuo dolore che ancora si annida dentro; quel mostro che ti guarda dal baratro e che con gelido sadismo ti tiene sulla graticola. Un elastico che ti permette di allontanarti, ma non troppo.

-Sì, è così. I figli ti stravolgono la vita e ti rivoltano come un calzino. Ma tu per i figli sei pronta a stravolgere la tua vita e a rivoltarla come un calzino-.

Quante sciocchezze dico; e quante ne so dire !

Però sì, è cosi: per loro fai un salto vertiginoso, perché tu sei il loro esempio e loro ti osservano con occhi attenti. Non puoi sbagliare. Loro, loro e ancora loro !

Il mio salto lo feci andando a prendere Lulù nel suo paese, lontano mezzo mondo. dodici ore di volo, cinque di auto; una lingua straniera, una città con più di ventidue milioni di abitanti, noi che veniamo da un piccolo paese della pianura con poco più di cinquemila anime. Ma non importa: se ti devi lanciare ti lanci e basta ! Nessun ripensamento, nessun –Oh, cazzo, forse ho sbagliato!- No, vai e basta e quando sei là, straniero in terra straniera e devi vivere la vita di tutti i giorni, beh, amen ! Come dici tu, cara amica mia …

Deve essere stato un bel salto anche per lei. Un salto nella fiducia. Nel doversi affidare a tutti i costi. Nel volersi affidare. Altrimenti perché ? Che senso avrebbe ?

-Sai Mil, lo sai cosa mi chiese Lulù dopo mezz’ora che era con noi, in tribunale aspettando la pratica di “consegna” ? Mi chiese:“Posso chiamarvi mamma e papà?”. Certo che puoi, le risposi in un portoghese da autodidatta; puoi chiamarci come preferisci, come ti fa più piacere. E da allora ci ha sempre chiamati così, mamma e papà. Ci ha insegnato la fiducia. Ho imparato. Mi ha salvata dal mio degrado, dalla mia rigidità; dai miei silenzi. Le devo la vita. Tu lo capisci, vero ? Per lei sono scesa nelle profondità più oscure di me. Un salto nel buio e uno nel vuoto. Senza protezioni senza paracadute. Un bunjing jumping senza elastico. Per poi risalire e conquistare non la vetta, ma qualcosa di più prezioso: me stessa-.

Noi genitori siamo un esempio, sì; ma che esempio siamo quando commettiamo errori, quando siamo stravolti dalla stanchezza o massacrati dalla cattiveria. Me lo sono chiesta un giorno, forse il peggiore della mia vita. Mi aggiravo per casa nella più totale assenza, in loop; avevo uno straccio in una mano ed un cutter nell’altra. Non capivo più niente. Piangevo a dirotto; quasi non respiravo. ...Che esempio sono per lei, che esempio sono ?...Il lavoro mi aveva sfiancata, ma più di tutto due colleghe, stronze fino all’osso, che da anni mi perseguitavano, che mi avevano portata a quel punto. Al punto di non sapere più, di non conoscere né riconoscere; al punto in cui quel mostro mi tratteneva forte e con disprezzo tra i suoi artigli e mi divorava pian piano partendo dalla testa. “Che esempio sono ?” continuavo a ripetermi. Mi vergognavo di me stessa, mi disprezzavo, non mi riconoscevo più, non mi volevo più. Mi odiavo. Non so quanto tempo passai. Forse dieci minuti. Forse mezz’ora. Forse un’ora. Il tempo non esisteva più … io non esistevo più. Recidere ogni legame col dolore, con la sofferenza; con la vergogna di essere lì. ...Che esempio sono per lei ? … Che esempio sono per mia figlia se mi tolgo la vita ? ...Un attimo. In una frazione di secondo si capovolse tutto. Si capovolse il significato di “che esempio sono per lei”, un clik ! e si accende la luce. Quella frazione di secondo in cui superi la paura della vertigine e ti butti. È quella frazione di secondo che fa la differenza fra una vita e la successiva.. la differenza fra sopravvivere e vivere.

La vertigine non è paura di cadere ma paura di volare” canta Jovanotti ….

Non riesco ancora a dar voce a questo racconto, mi gira nella mia mente, ora più serena. Lo tengo per me, guardando il cielo stellato. Ma vorrei parlartene un giorno. E allora, quello, sarà un bellissimo giorno.



-Cè...questa sera è bellissima!...Bella l'estate!



MILCE

(Milvia Di Michele e Cecilia Bonazzi)




lunedì 3 novembre 2014

CHE ORA E'?

 

 
 
 
CHE ORA E'?

 

Siamo alle solite.
Chi guida non beve. E chi non beve guida. Io sono astemio.
Quindi, il solito sabato sera passato al pub, poi in discoteca e ancora al pub per tirare l’alba.

Ripartiamo alle cinque con quella nebbia che in pianura padana è immancabile, come l’erba nei campi, come l’aria nei polmoni. Una nebbia che non è proprio nebbia, ma foschia. La nebbia, quella vera, che ti fai male anche solo a camminarci in mezzo tanto è fitta, non la si vede più da anni ormai. Questa è foschia. Non fa paura.
I miei amici sono sbronzi che più di così non si può. Come sempre.
Marco dorme, ha bevuto meno delle altre volte ma, in compenso, ha fumato tanto; Emiliano canta e Ciro impreca e vorrebbe che Emiliano smettesse di cantare. Giorgia, come al solito è taciturna e guarda fuori dal finestrino qui, di fianco a me.
Giorgia è la ragazza del gruppo, esce sempre con noi, da un anno ormai. Ha avuto una storia con Roberto, un amico comune. Anche lui usciva con noi.
Poi lui se n’è andato, una notte, d’estate. Se n’è andato con una malattia. Lei è rimasta.

Quando Giorgia guarda fuori dal finestrino come ora, mi pare che veda cose che noi non riusciamo a vedere. Soprattutto se c’è nebbia come ora. Anzi, foschia.
A volte sospira come se il diaframma fosse incastrato e avesse bisogno di una spinta più forte per riempire i polmoni. In quei momenti i suoi occhi ci fanno sapere che lei non è qui ma altrove. Lei non ha bevuto, però ha fumato, tanto. Fuma perché, dice, il fumo le annebbia i pensieri, il ragionamento fine a se stesso e dalla nebbia artefatta di una canna escono sogni, quelli che da tempo non fa più. Altro che foschia !

Giorgia sospira, ma i miei occhi sono puntati sulla strada. Scherziamo ? Sono l’unico sobrio di questa banda di mentecatti e ho un compito ben preciso: riportare a casa tutti !
So che a quest’ora i riflessi sono annebbiati, non solo per il tempo atmosferico, ma per il lavoro dell’intera settimana, per i fumi di alcol che sprigionano i miei compagni di viaggio, per le luci e i rumori della discoteca. E perché, lo ammetto, sono stanco morto. Per questo non mi lascio distrarre dal ronfare di Marco, né dai canti goliardici di Emiliano, né dalle bestemmie di Ciro, né dai silenzi di Giorgia. Guardo la strada … e la foschia che pian piano si alza lasciando intravedere meglio l’oltre.

Sono stanco, veramente stanco; mi riporta alla realtà una domanda di Giorgia.
-Come ?- Faccio io. Distratto dai miei pensieri, non ho sentito cosa mi chiede.
-Ti ho chiesto che ora è- Ripete lei senza nessuna inclinazione vocale. Guardo l’orologio.
È un attimo.
Non capisco cosa stia succedendo ! Non capisco cosa sia successo !
Non mi rendo conto di niente. Mi ritrovo a testa in giù e un gran dolore al torace e alla testa. Cazzo ! Siamo andati a sbattere !
Sì, ma come ? Com’ è successo ? Com’è potuto accadere ?
Cerco di liberarmi dalla cintura, dall’airbag, dal quel groviglio in cui sono incastrato. Riesco ad uscire, Dio solo sa come !
Sento qualcuno gemere. Mi sembra Emiliano.
-EMILIANO !- Chiamo –Emiliano, rispondimi !- Non sento altro.
Chiamo tutti –MARCO ! GIORGIA ! CIRO ! Rispondetemi !-

Il cellulare ! Dov’è finito il mio cellulare ! Maledizione ! Devo chiamare i soccorsi ! Il cellulare ! Sarà rimasto da qualche parte ! Se almeno si vedesse qualcosa ! Ma a quest’ora del mattino, in pieno inverno, cosa vuoi che si veda !

-Che ora è?- Già, che ora è ?
Erano le cinque quando siamo partiti; non dev’essere molto di più.
Passerà qualcuno ? Vado a cercare aiuto … ma no, no non lascio i miei amici qui da soli … rientro tra le lamiere per cercare il cellulare … sì, mi sembra la soluzione migliore. Ma non vedo niente. Qua è tutto un casino !
Dio mio ! Inizio a disperarmi ! DIO MIO ! Mi dispero.
-Che ora è ?-
Mi risuona nella testa quella domanda. Non so che ore sono ! Qui è come se si fosse fermato tutto !
-Che ora è Davide ?-

NON LO SO ! NON LO SO !!!

Mi sembra di sentire una sirena lontano. Sì, è una sirena. Si sta avvicinando ! Finalmente !
Giro attorno alle lamiere contorte. Faccio mente locale. Dovrò dare spiegazioni, dire cos’è successo. Io non ho bevuto, ero sobrio alla guida signor maresciallo. Non ho nemmeno fumato. Ero in perfette condizioni !
Vedo qualcosa più distante da quell’ammasso di lamiere contorte che una volta era la mia auto e che ora … abbraccia un albero.
Non me ne ero accorto. CASPITA ! E’ enorme ! Un enorme platano oltre il fosso, con quei rami che si allargano verso la pianura e il cielo; quel tronco forte e robusto, chiaro anche se inumidito. E
noi siamo così piccoli. Resto sbalordito; quasi dimentico dell’accaduto poi mi riprendo, è un attimo, solo un attimo di distrazione e corro verso ciò che prima ha attirato la mia attenzione.
Vedo Ciro. Disteso sull’erba. A circa dieci metri dall’auto.

AIUTO ! AIUTO ! IL MIO AMICO E’ QUI, PRESTO, SBRIGATEVI !

L’ambulanza.
I Vigili del Fuoco. Questione di minuti. I Carabinieri.
-Che ora è ?- Ancora e ancora quella domanda ! –Che ora è ?
Le cinque...erano le cinque quando siamo saliti in macchina per tornare. Ora non so. Ma io non ho bevuto, sono sobrio, potete farmi gonfiare una mongolfiera, ma SONO SOBRIO ! Ritrovo tra fango ed erba il mio cellulare...cazzo! S'è rotto, è tutto sfracellato.

La sirena ora è più vicina...sempre più vicina … più di una sirena, forse due..in corsa affannosa verso noi...qualcuno avrà visto e avvisato. Eccoli...scendono in divisa a soccorrerci con barelle e attrezzature varie, sono in tre dall’ambulanza e si muovono con destrezza e velocità, non perdono tempo nemmeno a parlarmi, sanno cosa fare. Mio DIO!!! ....Piegati su Ciro fanno cenno che è finita, che non si può fare niente....scrivono qualcosa sul taccuino, poi gli chiudono gli occhi. E gli altri? E MARCO, EMILIANO...E GIORGIA?

I Vigili del fuoco tagliano lamiere, frantumano, scardinano. Sono veloci e precisi come un bisturi. Non c’è tempo !
-Che ora è ?- Mi guardo intorno ammutolito. Non so rispondere a questa domanda.
Come cani San Bernardo scavano con foga tra i rottami, mentre si fa più chiaro il giorno e più scuri i miei pensieri.
Uno ad uno li vedo estrarre i corpi insanguinati dei miei amici, penzoloni...manichini strappati a brandelli. Uno ad uno li vedo e m'accorgo che sono morti...Marco...Emiliano... Ecco anche Giorgia...GIORGIA che amo.
Mi avvicino a lei che pare sorridere mentre dalla tempia sinistra un rivolo di sangue di colore rosso carminio spicca netto sul suo viso bellissimo, ancora più bello, così bianco, così irreale.
Uno dei soccorritori urla... ECCOLO!!! ECCOLO!!! RIESCO A PRENDERLO!!! Ma non capisco...CHI C'E' ANCORA??? CIRO … MARCO...EMILIANO...GIORGIA...
Non c'era nessun altro con noi...con me...resto solo io...soltanto io ...SOLAMENTE IO!
E m'estraggono, mi liberano dai rottami...liberano quel che resta del mio corpo, ma io m'ero già liberato. Capisco ora perchè non m'abbiano chiesto niente, nè parlato.

SONO MORTO.

La foschia muta in nebbia facendosi beffa del giorno che spunta, sfuma la campagna e gli alberi e le persone...sagome nere sono gli uomini. E dalla nebbia, lentamente, scorgo con stupore uscire fuori ed avanzare verso di me ...CIRO, MARCO, EMILIANO, GIORGIA E...ROBERTO...
RIDIAMO, tremando...forse per questa umidità gelata che ci invade...poi ci stringiamo unendoci, senza riuscirci, ma attraversandoci l'un l'altro.

Giorgia chiede...che gioco è questo? Che ballo? E Roberto ...girandole attorno...SIAMO FANTASMI AMORE MIO!!!FANTASMI!!!

Roberto ora l'avrà per sempre, avrà con lui la ragazza che ho sempre amato, ma ormai non m'importa, non soffro più per questo.
Solo mi manca LA VITA...NON SONO PRONTO...NON SONO PRONTO...AD ESSERE NIENTE!
Chiedo a Roberto...COM'E' essere fantasmi?...COS'E' essere un fantasma?
E lui candidamente...NON LO SO...TUTTO CAMBIA...E FORSE NIENTE CAMBIA.
Poi mi pare di sentirlo ridere dicendo...FORSE PARLIAMO MENO.
Sono i miei amici, non mi abbandoneranno.Chiedo... mi aspettate un attimo? Soltanto un attimo?
-Non c'è fretta, vai, fa quel che senti - Roberto mi risponde.

Torno indietro facendomi coraggio, raggiungo il mio corpo...un medico lo sta esaminando disperando di salvarlo, dice a qualcuno..- C'è ancora battito, ma si sta dissanguando, una lamiera gli ha tranciato una gamba, è ancora là in mezzo alla ferraglia, non siamo riusciti a recuperarla ancora...-

Eccomi a brandelli, come dilaniato da cani feroci o da squali...è finita per sempre la mia festa!
In un attimo ripercorro la mia breve vita, e mi ricordo di averla vissuta tutta sulle mie gambe... camminando, ballando, nuotando...ed ora? Che vita sarebbe mai la mia? NON VOGLIO..NON VOGLIO VIVERE SENZA POTER CORRERE!
Mi ricordo di persone speciali che hanno saputo continuare anche dopo traumi simili, anzi hanno maturato una consapevolezza maggiore dell'importanza del corpo...saprò farlo io?....E' una prova che non sosterrò...perdo sangue da troppo tempo... inutilmente stanno cercando di tamponare la gamba restante all'altezza del ginocchio, ormai quasi non ne ho più, tra un po' sarà finito tutto.

Torno dai miei amici....-Voglio venire con voi- dico.
Ma provo angoscia...che faremo così da soli senza più vita?
Roberto sente il mio pensiero, il mio timore e mi consola...lui sa le cose.
-Soli???...Ma no! C'è tutto un popolo di fantasmi, alcuni sanno vederci, altri impareranno a farlo, altri ancora sapranno di esserlo solo dopo essere morti... ma noi abitiamo il mondo da sempre e per sempre.
Siamo un'onda di nebbia che si dilata nella pianura, tra gli alberi e le case, cerchiamo ancora di tenerci uniti primi di essere assorbiti dalla nuova dimensione ...ancora per poco saremo insieme, ma avverrà tra breve il passaggio, ci disperderemo per le vie del mondo come tutti gli altri fantasmi.




UN POPOLO DI FANTASMI VIVE TRA I "VIVI"...discreto, senza disturbare, perplesso per la nostra stupidità, pronto a condividere e ad alleggerire la nostra esistenza, se solo lo volessimo...se solo lasciassimo una porta aperta. Io sarò uno di loro, in un tempo che si è fermato , quietato e finalmente in pace... in eterno.
Intanto il medico, disperato per la sua impotenza a vincere la morte, annota ...

- ORA DEL DECESSO : 6,30

 
( Milvia Di Michele e Cecilia Bonazzi)

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A partire dal 6 novembre sarà disponibile “Horror Maximo Tales”, un libro pubblicato dalla casa editrice Eus Edizioni per la collana Spaghetti Horror (diretta da Gabriele "Pacio" Pacitto e Daniele Francardi).
 

NOI FANTASMI NON FACCIAMO DOMANDE.


 

 

 


 

 
 
NOI FANTASMI NON FACCIAMO DOMANDE.
 
Mi rendo conto di non avere più una vita normale. Mi sento come un cane rabbioso in gabbia, ma di uscire no, non se ne parla nemmeno. Non posso. Resto chiusa fra le mie quattro mura, come un riccio protetta dai suoi aculei. Fino a qualche giorno fa uscivo...
fino a qualche tempo fa...
Nemmeno mia figlia viene più a trovarmi.
E devo dire che mi manca. L’ultima volta che s’è fatta vedere si è seduta sulla poltrona del soggiorno. Avrei voluto dirle tante cose, ma non ce l’ho fatta. Così mi sono seduta di fianco a lei, sull’altra poltrona, e abbiamo lasciato scorrere il tempo. Ma sono troppe le cose contro le quali devo combattere ... e mi sento stanca, enormemente stanca. I pensieri affollano la mia mente, come fantasmi.
Mi sveglio di soprassalto...dormivo? Non riesco a capirlo.
Qualcuno ogni tanto viene a guardarmi e allora credo di svegliarmi, è un ragazzo con gli occhi di cielo e la pelle diafana, ha una fasciatura in testa. Forse sta male, forse è ferito. Indossa un camice bianco con i lacci di stoffa dietro ... (strano abbigliamento!).
Eccolo di nuovo...vieni! Sù vieni!...Dimmi di te, così saprò meglio di me. Pare perso, fuori posto... -Da dove vieni? Da dove vieni?-
Di solito non mi risponde, sta un attimo e poi scappa via.
Oggi però prova a proferire dei suoni, come d'oltretomba...- Vengo...vengo... da dove cercano di trattenermi legato alla vita, ma se resto con loro sento dolore.
- E ...qui? E... qui da me? … Quando vieni ... lo senti ... il dolore?
Sta svanendo di nuovo, contorcendo la bocca. La fascia bianca è diventata impura, s'è macchiata di rosso, e la pelle è meno lucente, più gialla, più opaca. Per un attimo ancora mi guarda, lo guardo. Ecco, ora non c'è più. Sono sola, senza la sua compagnia, precipito di nuovo nel non senso.

Precipito …. Precipito ! Qualcosa mi ha afferrato le gambe e stringe forte trascinandomi giù, negli abissi.
-DIO MIO AIUTAMI… AIUTAMI… AIUTAMI !-
Mi aggrappo con tutte le mie forze a ciò che trovo, ma quella cosa è più forte di me. Guardo e vedo solo buio.... e io vengo trascinata verso quel buio.
Non capisco cosa mi stia stringendo le gambe. Non riesco a muoverle, NON POSSO MUOVERLE ! -AIUTO!!! - urlo più forte.
Qualcuno sentirà. Forse i vicini. Forse il ragazzo con le bende.
Stringo forte la testata del letto, ormai i miei polsi, le mie dita non ce la fanno più. Le mie braccia cedono e sono costretta a mollare la presa. Mi sanguinano i palmi.
DIO MIO, DIO MIO... CHE MI SUCCEDE???
Afferro le lenzuola in un ultimo disperato tentativo. Cado a terra, graffio il pavimento e un' unghia mi si alza e inizia a sanguinare.
LA PORTA...LA PORTA... è la mia ultima possibilità.
Mi aggrappo a lei con tutte le mie forze, con tutto il mio corpo, con tutta me stessa. E stringo, mi rannicchio, mi chiudo a guscio intorno allo stipite della porta. Non voglio, non posso lasciarmi trascinare da quel buco nero, da quella voragine.
E’ un attimo. Ho vinto io ? Ha lasciato la presa. HO VINTO IO.
Mi trascino verso il letto e con un pezzo strappato del lenzuolo mi fascio le mani. Non so come fare con l’unghia: dovrei andare in bagno e medicarmi, mettere un cerotto. Ma sono esausta. E ho paura. Paura che torni quella cosa per cercarmi, per prendermi. Vorrei salire sul letto per stendermi e riposare, finalmente. Ma non riesco. Resto seduta a terra accovacciata.

Improvvisamente mi sveglio di nuovo.. Devo essermi riaddormentata. Un formicolio al piede sinistro. Un pizzicorìo. Ora punge. Istintivamente scatto e con la mano colpisco ciò che mi sta pungendo. Mi ritraggo istintivamente di fronte alla vista del ragno. Non uno... due...tre ...MILLE RAGNI corrono verso i miei piedi.
Scalcio per allontanarli, più scalcio più se ne aggiungono e m'invadono arrampicandosi sulle mie gambe. Afferro un cuscino e picchio all’impazzata.
Mi accorgo che un volto mi osserva attentamente... un volto amichevole che non è quello del ragazzo!
Lo guardo e mi sento impazzire... E' QUELLO MIO...MA DI ANNI PASSATI ... DI MOLTI ANNI PASSATI!!!!
Sulla sua testa l'acconciatura da sposa, un coroncina di margherite bianche e gialle intrecciate con fili sottili di fiori di camomilla.
Mi sono sposata venti anni fa.-PERCHE' MI GUARDI???-
E il volto sorride, e poi ridendo svanisce e si nasconde nell'ombra mentre la sua risata cresce e riecheggia e rimbomba.
Ora escono proiezioni di mille miei volti di età diverse, vengono dal passato e si snocciolano davanti a me ...I MORTI MIEI VOLTI!!!
FANTASMI...FANTASMI ...che mi portavo dentro...ora si sono liberati e si beffano di me!
Come hanno fatto ad uscire fuori?
Intanto riappare il volto del ragazzo ferito, non ha più le bende in testa e il suo viso è una luna bianca trasparente e serena.
Mi sorride e sento che non verrà mai più.
Resterò sola...SONO SOLA!
I ragni sono andati via, come la mia paura di loro. Ora ho paura solo del mistero, dell'indefinito, della nebbia e del vuoto.
Eccomi quasi fantasma...FANTASMA???

Realizzo che vedo fantasmi e quindi, se li vedo, ho in comune qualcosa con loro...forse una sensibilità, un dono particolare.
D'un tratto provo un brivido di piacere immaginando di poter accedere a un oscuro universo.
D'un tratto provo un brivido d'orrore immaginando di condividere il loro destino.
E vedo ombre vive dolci e morbide come nembi di primavera, se provo piacere.
E vedo ombre vive e mostruose come belve assetate, se provo orrore.
Tutto è dentro la mia testa.
NON HO PIU' UN CORPO... NON LO SENTO!!!
Solo le idee nascono in me e si trasformano...pure guardo e odo e sento sensazioni ed emozioni, ma è come se le partorissi da sola.
Solitudine profonda, intensa, desiderata mille volte e ora...ORRIBILE! ORRIBILE!ORRIBILE!
Questa casa...queste stanze... sono reali?
O forse sono soltanto LIMITI..LIMITI da non superare, vietati...
Una mano nera, visibile solo all'anima pare voglia trattenermi, ma è tardi, troppo tardi.
-FIIGLIA MIA!!! FIGLIA MIA!!! FIGLIA MIA!!!
Ora ricordo, non c'è più mia figlia, non è venuta più perchè ... E' MORTA!
Sono confusa, mi pare che sono io a mancare alla sua mente e al suo cuore...FORSE SONO IO AD ESSERE MORTA!.. Forse è per questo che non viene più...PERCHE' NON MI TROVA!...EPPURE ESISTO E PENSO.
SONO SOLO PENSIERO...PENSIERO, DISPERATO PENSIERO PRIVO DI ACCOGLIENZA.
Perdo lentamente anche questa facoltà... vago tra musiche magiche e vibrazioni eteree...
e li vedo tutti lì, in mezzo all'OLTRE...
Ho superato i confini, mi mescolo ad energie diverse, MI FONDO CON LORO che mi trasformano e mi inglobano.
ANIME PERSE RITROVATE... MIEI CARI FANTASMI...v'appartengo... credo d'appartenervi.
Una nuvola nera precipita su di me...vuole cancellarmi...io barcollo tra due forze opposte non sapendo che fare...non potendo fare niente.
 
 
Piani diversi di mondi paralleli dilaniano il mio non essere, ma tutto s'acquieta ed evapora dilatandosi... ancora esiste, resiste un po' del mio IO...ancora ...ancora...
Le anime perse non mi vengono incontro, sento che vorrebbero, ma non lo fanno....
CHE DOLORE! CHE DOLORE!...PERCHE' PROVO DOLORE?
COSA MI FA MALE SE NON HO PIU' IL MIO CORPO?

Mi stanno chiamando...mi scuotono e mi chiamano..ma non è questo il mio nome...io mi chiamo MARIA...MARIA!!!
Invece ripetono...Marco...Marco!!! ... MARCO!!!!
Ragazzo mio... forza...ce l'hai fatta!!! TORNA TRA NOI!!!!
HO DOLORE AL COLLO... ALLA FRONTE....
Mi tocco, sono fasciata in testa come quando andai sposa, ma non porto margherite e camomilla, sono spine...è una corona di spine nascosta dalle bende.
Per un attimo vado via dal dolore e ti vedo...dolce...dolcissima figlia mia che sorridi..TI VEDO...VIENI!...VOGLIO TOCCARTI...ABBRACCIARTI...

Mi sorridi e mi carezzi...e mi chiami...ANCHE TU MI CHIAMI MARCO!
Mi dici AMORE MIO GRANDE...MARCO MIO!!!
Sono tua madre...TUA MADRE... ma scompari sorridendo al tuo Marco...al tuo Marco.
Decido che non m'importa chi sono, anzi mi va bene se t'ha fatta sorridere, anche se sei MORTA e sei un fantasma. L'amore che morde il cuore e l'anima, quando ferisce ti segue fino all' OLTRE.
E decido di lasciare il posto ai ricordi di Marco, tanto i miei mille volti sono già in un'altra dimensione...m'abbandono come su una canoa piena di fiori...l'acqua mi culla...poi diventa aria leggera...Lassù tu mi aspetti...
DOLCE MAMMA ..DOLCE MAMMA!!!...MARCO CE L'HA FATTA ...MARCO VIVE!
Non mi chiedo se tu sappia perchè e come...
NOI FANTASMI NON FACCIAMO DOMANDE.

 ( Milvia Di Michele e Cecilia Bonazzi )



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 A partire dal 6 novembre sarà disponibile “Horror Maximo Tales”, un libro pubblicato dalla casa editrice Eus Edizioni per la collana Spaghetti Horror (diretta da Gabriele "Pacio" Pacitto e Daniele Francardi).

MILCE ( Milvia Di Michele e Cecilia Bonazzi )

sabato 1 novembre 2014

mese di Novembre - haikai







 
 
 
HAIKAI
 
Primo novembre,
danza di crisantemi,
carezzo il cuore.

Giornate brevi,
s'allungano i pensieri
cercando il mare

Acceso è il fuoco,
di brividi rammento
scintille languide...

Di scorcio vidi,
riflesso nello specchio,
quanto t'amavo.



Fermata d'anima,
pesanti le ore scivolano,
nel buio cadono.