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martedì 24 settembre 2013

CALCHI O RICALCHI




L'INFINITO ( LEOPARDI)

« Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »



IL " FINITO"

 Quanto cara mi fu quell'aspra vita,
e il perso corpo, che lì dentro al mondo,
con l'ultimo respir lo sguardo cede.
Ma morendo e capendo," interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete"
io nel mio cuor mi sento; ecco mi pare
d'aver quasi paura. E quando il nulla...
fa me dormir tra le sue braccia, io il suo
infinito silenzio a poco a poco
vo similando: e mi trattien l'eterno,
non la morta stagione o il presente
che vive, io sono in lui. Così, in questa
immensità s'annega l'esser mio;
e il naufragar m'è dolce in questo mare.


 



ALLA SERA ( FOSCOLO)
 
Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all'universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

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