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lunedì 23 aprile 2012

LE TESSITRICI ( Capitolo VI )


Capitolo VI

MITRIA

immagine di Azione Creativa

 
(IL DOLORE  E’ UNA FERITA DI  SPADA,
MA LA SUA LAMA DEVI  LASCIAR CHE VADA)
 



Mitria, saggia lo era diventata. A caro prezzo.
Adorava la sua Nora. Da bimba rideva sempre: un uccellino cinguettante!                Quando giocava con le amiche, nel cortiletto di casa, Mitria ascoltandola sfaccendava e sorrideva intenerita dai suoi gridolini festosi. Quella figlia se la vedeva crescere senza saper dire di no a nessuno. Accontentava tutti.
E rideva! Rideva!  Felicissima di stare al mondo.


immagine di Azione Creativa




 Mitria pensava- Cos’ho da insegnarle? Pare di esserci già stata su questa terra. Si sa comportare con chiunque. E niente le insegnò mai, se la godette soltanto.

Antonio era il marito di Mitria e amava sua moglie più che la sua vita. Spesso si sorprendeva a dire a voce alta-  Cosa farei senza di lei? Come potrei più vivere?
Antonio, la sua Mitria se l’era quasi rubata, quando, giovanetto, era andato fuori confine a fare il muratore in un paese poverissimo, perché la sua impresa edile doveva costruirci una scuola con i soldi di un’associazione di beneficenza. Lì incontrò Mitria la pastora, vent’anni e la grinta di una donna fatta. Non bellissima. Aveva le spalle troppo larghe e il volto squadrato. Ma i suoi occhi erano profondi e neri e, quando ti guardava, sapeva puntarli dritti in faccia, senza paura.
Se ne innamorò subito perdutamente e la sfinì con una corte talmente serrata, che sarebbe stato impietoso dirgli di no.
Così Mitria lasciò la sua terra, la sua lingua, i suoi parenti e le sue pecore. Per seguire il suo uomo. Diventò la sua forza, la sua certezza, la sua chiarezza, la sua onestà, la sua gioia. E non rimpianse mai di averlo fatto, per quanto fu grande l’amore che ne ebbe in cambio e per quella figlia che adoravano entrambi.
Ma la felicità va difesa, non si può essere sprovveduti e abbandonarsi al destino pensandolo amico.


Nora giunse a quindici anni con l’innocenza di sempre. Si affidava. E si affidò a un ragazzo troppo grande, al quale naturalmente non disse di no. Accadde quello che era troppo presto le accadesse. Però, fino a quel punto tutto si poteva aggiustare, fino a quel punto ancora non bisognava piangere.
Ma non era più un gioco quello che le stava accadendo, era la vita che voleva prendere forma. Per la prima volta ebbe paura, pensò che avrebbe perso l’amore dei suoi genitori, che li avrebbe feriti, e accettò il suggerimento facile, dato da chi lo crede facile perché non lo vive sul suo corpo.
Poteva essere gioia, inaspettata gioia. E invece fu disperazione. Nora perse la voglia di ridere. Si ammalò di tristezza e con lei si ammalò tutta la famiglia.
Mitria sentiva rimbombarle nella testa sempre queste parole - Aiutami, mamma! Ma non era Nora a dirle, era il suo cuore che gliele faceva sentire.
Pensò e ripensò, fino a che decise di lasciare ogni cosa e andare con lei. Ovunque potesse stare meglio. Ovunque le sembrava che desiderasse arrivare. La figlia si placava durante il viaggio, ma poi sempre tornava nella sua tristezza. Per anni fu così. Fino a che Mitria si rassegnò e accetto l’idea che Nora dovesse fare il suo cammino da sola. Doveva benedirla e lasciarla andare. Con tutto il suo amore. Ma doveva lasciarla sola.
Per non impazzire, divenne saggia e cominciò a dare consigli a tutti. Voleva evitare loro la sofferenza che nasce dagli sbagli. Ma non poteva più stare ferma, non ci riusciva. Così lasciò Antonio a disperarsi e, decisa, si aggregò alle tessitrici. Per i caldi e morbidi scialli che aveva imparato a fare da pastorella.
Tessendo, però, più raccomandazioni per evitare errori, che lana e, sempre con l’occhio attento alle vicende umane. Soprattutto a quelle delle donne.
Per questo subito si accorse di Celeste.



immagine di Azione Creativa




 
A Montechiaro, le nostre donne rimasero qualche giorno ospiti del sindaco. Trattate, a onor del vero, con grande riguardo. Furono accompagnate a visitare la scuola, il circolo degli anziani, quello di calcio, incontrarono gruppetti di donne che facevano a gara per invitarle a prendere un the insieme e, mentre bevevano e mangiavano ottimi pasticcini casarecci, rispondevano alle infinite richieste di chiarimento sul progetto di Teresa.
Intanto si facevano anche i preparativi per la partenza. Che arrivò presto, visto l’entusiasmo che si era creato nel borgo. Mitria si organizzò con Celeste. Avrebbero preso, con le altre tessitrici, il pulman fino a Marina della Baia, poi da lì si sarebbero separate dal gruppo per prendere il battello che, in circa due ore di navigazione, avrebbe raggiunto Albarosa. Le altre, tranne Teresa, avrebbero proseguito verso sud.
Il giorno della partenza, non ci fu la banda, ma i saluti furono caldi e sinceri. Molti erano commossi. Per gli abitanti di Montechiaro si era accesa una bella speranza di miglioramento.
Sul vecchio autobus ammaccato, le donne salirono elettrizzate ed eccitate, con la solita adrenalina alle stelle. Salutavano e abbracciavano un po’ tutti: le guardie, il vecchio sarto, il postino, il proprietario del bar, la maestrina ancora supplente, il sacerdote, il fornaio, il calzolaio, il sagrestano della chiesa di S. Quirico. Infine, con più calma, Mara la sindachessa e il sindaco ( che mise in mano, con malcelata discrezione ,sia ad Anna, la guida, che a Mitria, una busta contenente un cospicuo assegno)
L’ultima, a essere abbracciata fortemente, fu la loro Teresa, che era stata il motore del progetto e che, allegramente, quando finalmente le tessitrici salirono e l’autista partì sfumacchiando con il vecchio pulman, tirò fuori un enorme fazzolettone bianco e lo sventolò a più non posso.




immagine di Azione Creativa



La strada, che conduceva verso Marina, era piena di curve e molto in discesa. Ma la vista era incantevole, non per niente era chiamata Strada panoramica.

Più si scendeva, più gli scorci tra una collina e un’altra, tra una chioma d’albero e un’altra, lasciavano vedere una porzione minore d’azzurro mare. Qualcuna però non riusciva a godersi il panorama, perché i frequenti rimbalzi e scossoni del mezzo, che procedeva sulla strada piena di curve strette e a gomito, con il fondo stradale zeppo di buche e crepe, avevano avuto i suoi effetti devastanti sul suo povero stomaco. Celeste a malapena tratteneva il vomito e, quando finalmente giunsero alla stazione degli autobus, in pianura, laddove il mare era scomparso tra palazzi e palazzoni, ringraziò davvero il cielo.
Scese in fretta dal pulman e respirò a pieni polmoni l’aria fresca del mattino. Cosa che le fece meglio di una medicina.
E si arrivò al distacco. Le strade da percorrere diventarono due: una, verso il mare, per Celeste e Mitria, l’altra, che partiva dalla stazione dei treni, per Anna la guida, Simona, Lola, Tania, Veruska, Rosa, Clessidra e la giovane muta.                                                
Lasciamo al suo cammino la piccola Celeste protetta da Mitria, e seguiamo le altre che prendono il treno per raggiungere un sogno.


3 commenti:

  1. Sto leggendo in fila come da te consigliato e mi entusiasmo ad ogni capitolo...

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  2. ...il dolore è una ferita di spada, ma devi lasciar che vada...

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  3. Cecì...ho scoperto ora che davvero sei la mia lettrice preferita!( sono le 2 e 27!!!)
    Ti ringrazio per la forza che mi dai!

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