Cerca nel blog

domenica 22 aprile 2012

LE TESSITRICI ( Capitolo IV )




Capitolo IV


                                               LOLA


immagine di Azione Creativa
                  (DI  ME NON E’ GRANCHE’  QUEL CH’IO PENSO,
                  MA SULLA SCENA “ M’ILLUMINO D’IMMENSO”)


Bisognava fermarsi per riposare e mangiare qualcosa. Simona aveva portato con sé una bella catena di salsicce che, insieme al pane della saggia Mitria, poteva bastare a tutte. Lungo la via, quando la salita cominciava a farsi più erta e faticosa, incontrarono un’allegra fontanella, e così fu la natura a offrire loro da bere . Per il momento si potevano accontentare. A sera, avrebbero raggiunto il paese che già scorgevano sul cucuzzo di fronte, lì da dove si udivano gli spari e si intravedevano le scintille dei fuochi di artificio.                    


                                                                                                               





da Paesaggi d'Abruzzo

                                                                                    
Mitria disse - Soldi sprecati. Bisogna farli di notte, per godere dello  spettacolo!



Vicino alla fontana, c’era un lastrone di pietra bianca. Le donne sedettero alcune lì sopra, altre sull’erba; qualcuna rimase in piedi. Simona prese la chitarra di Clessidra, l’unico oggetto personale che aveva portato con sé, e gliela porse - Canta! Le disse con dolce fermezza.       


                                                                                                                         




immagine reperita da web

                                                                      

Clessidra, più per la sua abitudine all’obbedienza che per voglia, la prese e, accennando pochi accordi, cominciò a cantare piano, quasi come pregasse.              Ma la canzone era bella lo stesso. Anzi era quella giusta.                                                                                                                                                             Per tutte, tranne che per Lola, che finalmente sbottò- E basta con questa lagna!

Tutte risero.                                                                                                                                        
 Anna pensò - Ci voleva proprio una così tra noi!


Bisognava ripartire. Le aspettava il paese vicino in festa. Era di buon augurio quella festa, sicuramente avrebbero trovato da dormire e da mangiare.
L’attrice del gruppo, avrebbe fatto la sua parte.

Lola era, ormai, quasi una vecchia. Non aveva famiglia. Veniva (diceva lei, ma verità e fantasia, dentro le sue parole, giocavano a nascondino) dalla Spagna; raccontava che suo padre era stato un ricco allevatore di tori di razza, ma, poiché lei odiava le corride, era fuggita appena possibile. Aveva girovagato a lungo con una sua compagnia di attori, a malapena sopravvivendo con il loro guadagno. Ma Lola aveva insistito a formarli, sperando che, quando non avrebbe avuto più le forze per salire sul palco, avrebbero continuato  recitando anche le sue parti. Invece se n’erano andati alla chetichella, uno alla volta, stanchi di fare la fame. E lei si era messa poi a fare l’artista di strada. Sola in apparenza, ma in compagnia dei mille personaggi che era capace di mettere in vita. Magicamente diventava: uomo e donna, bambino e vecchio, balbuziente, farabutto, carabiniere, maestra e alunno, sarto e indossatore, prostituta e santa. Era capace di sembrare bianca statua di marmo, albero, aquila in picchiata, cornacchia spelacchiata, arcobaleno, notte buia e sole, fiocco di neve. Applauditissima sempre. La gente se ne innamorava, era conquistata, catturata dalle sue trasformazioni.
E lei viveva per il suo pubblico, senza regno, ma come una regina.
La fama della sua bravura si estese di paese in paese. Cominciarono a cercarla in molti, per chiederle di dire per loro le parole, che volevano fossero ascoltate.
E a lei ricorsero: padri per educare i figli, avvocati per vincere cause, re per governare, filosofi per teorizzare, preti per convertire, amanti per fare innamorare, insegnanti per insegnare, moribondi per essere convinti a lasciarsi andare alla morte, malati di mal di vivere, che invece non volevano saperne di essere felici.
E, proprio per questa sua fama, Lola era attesa a Montechiaro con grandi festeggiamenti.

Sotto l’arco di pietra, vicino alle grandi aquile scolpite, di qua e di là della porta attraverso la quale si entra nel borgo, c’erano ad attenderla due guardie in alta uniforme, con il compito di riceverla degnamente e scortarla con la banda fino al municipio ,dove il sindaco aspettava tutte le tessitrici, ma soprattutto la nostra Lola, perché, detto tra noi, doveva chiederle un favore.
Arrivarono con il buio che avanzava, sorprese ed eccitate dall’allegra accoglienza. A Simona parve che, perfino Clessidra, sorridesse nel veder cadere sui suoi capelli mille coriandoli colorati, che volevano ballare nell’aria al suono della banda.
Ma Mitria disse - Dov’è l’imbroglio?
Anna si avvicinò, dicendole - Lascia riposare quella testa, Mitria! Guarda come ci divertiamo! Anche la giovane muta pare ascoltare la musica, vedi come balla?Mitria tacque rassegnata. La saggezza è sempre pesante da ascoltare.

Dentro la sala consiliare, il sindaco, un bell’uomo sulla cinquantina, che aveva ancora il suo perché per piacere alle donne: alto, ben messo, appena brizzolato, anche con una certa sensibilità per le arti … (ogni anno organizzava “ Montechiaro in Arte ”una settimana dedicata al teatro, alla musica e alla pittura)… il sindaco, dicevo, aspettava le donne vicino a un gran cesto di ginestre. Sì, che le ginestre da quelle parti crescono anche sulle rocce. Le aspettava curioso e speranzoso. Le elezioni si avvicinavano e lui rischiava di non essere rieletto.
Per quella storia con Celeste, la bella del paese. E nonostante l’avesse perdonato la moglie. –Una questione di sesso-  si era giustificato – solo una questione di sesso!                                 
 E la poveretta, che durante vent’anni di matrimonio, aveva creduto sempre che per il marito il suo corpo fosse la porta per il Paradiso, amaramente si era rassegnata. Con la sensualità di Celeste non c’era da competere, Celeste aveva la metà di suoi anni.
Dunque lo perdonò: cos’altro poteva fare?                                                                    Certo, rimpianse quel po’ di tentazioni che, da ragazza, quando lei stessa era bella, aveva sempre allontanato. Se allora avesse ceduto, se si fosse lasciata andare, forse avrebbe imparato a giocare meglio il gioco dell’amore. Ma sicuramente il signor marito sindaco, poi  non l’avrebbe voluta in sposa:quelle che sanno giocare, non vanno sposate.Com’era successo a Celeste, che tutti la sognavano, ma a nessuno era ancora venuto in mente di darle il suo cognome.                      
Ma se la signora aveva deciso di perdonare, i paesani: no.                                        Della piccola Celeste, il sindaco non si doveva approfittare.
Nella sede municipale, l’aitante sindaco era in attesa, riponendo la sua fiducia nella fama di un’attrice. Forse per quella sua “ sensibilità alle arti”,della quale abbiamo prima detto. Se ne stava in piedi, fermo e paziente. La sua signora gli era vicina, fine nel suo tailleur blu bordato di gro-grai bianco latte. Quasi gradevole, con il suo sorriso triste. Ascoltavano insieme le grida festose che crescevano e si facevano sempre più vicine.
Finalmente le tessitrici arrivarono, ridendo e giocando tra loro. Sulla soglia però tacquero, e assunsero un atteggiamento decoroso. Come entrando a corte. Esagerando un po’, ma la situazione sembrava richiederlo.
-Sindaco!- disse Lola - Ma grazie davvero per l’accoglienza!
- Sì. – intervenne Anna– Grazie mille, proprio un’accoglienza squisita!
Il sindaco salutò Anna, la guida; poi, chiedendole il nome di ogni tessitrice, strinse la mano a tutte, mentre la moglie porgeva a ognuna un lungo ramo di ginestra. Ma quando fu il turno di Lola, l’abbracciò addirittura, dicendosi onoratissimo, e ansioso di scambiare con lei alcune opinioni, non prima tuttavia di permettere a tutte di rinfrescarsi e sistemarsi per la cena preparata in loro onore.                                                                               
La sua signora le avrebbe accompagnate per la “bisogna”.
Sorvoliamo sui particolari noiosi dei preparativi e della cena, (mi annoierei troppo a inventarli) ma una cosa va detta: Mara, questo il nome della moglie del sindaco, s’intese molto con le donne. Almeno una volta, gli ospiti da intrattenere per conto del marito erano divertenti e interessanti. Alla fine della serata si ritrovò a ridere e confidarsi con loro, come se le avesse conosciute da sempre.                                                                                                                                           Una mancava al gruppo: Lola.       
                                                                                             
 Il sindaco si era appartato con lei nel salotto della sua bella abitazione, un vecchio palazzo baronale restaurato con apprezzabile gusto.
-Sindaco – gli stava dicendo Lola – Capisco, ma non saprei proprio come aiutarla.
- Pure… – proseguì insistendo il sindaco - pure, solo lei lo può fare, suvvia, un piccolo comizio! La sua arte l’aiuterà .
Lola rimase un po’ in silenzio, traccheggiò un poco, infine si accordò: bene, l’indomani, all’imbrunire, avrebbe dato uno spettacolo nella piazza antistante alla chiesa di S. Quirico e, dopo la lettura di poesie e testi vari, avrebbe fatto il suo discorso in favore dell’uscente sindaco. Per facilitargli la rielezione. Ma chiedeva carta bianca, a nessuno era permesso “ sindacare” sul contenuto del suo spettacolo. Su questo non transigeva.
Già pensava all’aiuto che avrebbe chiesto a Clessidra.





Nessun commento:

Posta un commento